Studio del Civile: cardiopatici col Covid, prognosi più severa

Coronavirus: mortalità del 36% per i cardiopatici affetti da coronavirus, contro il 15% dei non cardiopatici
COVID19 E CARDIOPATIE, QUALI RELAZIONI?
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Se oltre ad avere il coronavirus si è anche cardiopatici, la prognosi è «significativamente peggiore di quella già grave dei non cardiopatici con polmonite da Covid-19». Lo dimostra uno studio coordinato da Marco Metra, docente dell’Università di Brescia e direttore dell’Unità di Cardiologia dell’Asst-Spedali Civili, da cui risulta che per i cardiopatici la mortalità è stata del 36%, contro il 15% dei non cardiopatici.

In pubblicazione sull’European Heart Journal, lo studio descrive, per la prima volta nella letteratura mondiale, i dati demografici, le caratteristiche cliniche e la prognosi dei pazienti Covid-19 cardiopatici e confronta questi dati con quelli di pazienti senza malattia cardiaca concomitante. In totale sono stati considerati 99 pazienti ricoverati per polmonite da Covid-19 tra il 4 e il 25 marzo 2020: 53 di essi erano anche cardiopatici, mentre 46 erano senza una malattia cardiaca. Età media 67 anni, con l’81% dei pazienti maschi.

«La nostra analisi ha mostrato che i pazienti Covid-19 con concomitante cardiopatia hanno una prognosi estremamente severa, significativamente peggiore di quella già grave dei non cardiopatici con polmonite da Covid-19 - spiega il professor Metra -. Cause principali di mortalità sono state la sindrome da distress respiratorio acuto (Ards), eventi tromboembolici, tra cui l’embolia polmonare, e lo shock settico».

In particolare, nella casistica totale, è deceduto durante il ricovero ospedaliero il 26% dei pazienti. Ma dal confronto tra pazienti, cardiopatici e non, è emersa la mortalità più alta dei pazienti con cardiopatia, 36% contro il 15% dei non cardiopatici, e con un tasso di eventi tromboembolici e di shock settico anche questi più elevati: rispettivamente il 23% contro il 6%, e l’11% contro lo 0%.

 

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