Strage: veline falsificate dai servizi segreti
L'attendibilità di Carlo Digilio. La compatibilità dell'ordigno di cui questi parlò con quello esploso in piazza Loggia, il 28 maggio di 38 anni fa. La protezione assicurata dai servizi segreti a Maurizio Tramonte. La presenza, in termini politici, di Delfo Zorzi a Mestre negli anni della strage. La collaborazione tra il capitano Delfino e Ermanno Buzzi. La credibilità di Clara Tonoli, compagna di Gianni Maifredi.
Sei capitoli, tre nuovi faldoni, per chiedere alla Corte d'assise d'appello, che il 14 febbraio prossimo celebrerà il processo di secondo grado a carico di Carlo Maria Maggi, Delfo Zorzi, Maurizio Tramonte e Francesco Delfino, una rinnovazione parziale del dibattimento. Ovvero l'acquisizione di prove nuove e sopravvenute che potrebbero, almeno stando al sostituto procuratore Francesco Piantoni, determinare il ribaltamento dell'assoluzione pronunciata il 16 novembre di due anni fa dai giudici di primo grado.
Tra i motivi per riaprire il dibattimento ne spicca uno di recentissima acquisizione: la riprova, per l'accusa, che i Servizi segreti di Padova abbiano coperto Maurizio Tramonte (all'epoca fonte Tritone e oggi imputato di strage), postdatando al 6 luglio del 1974, e di fatto rendendola inutile ai fini della prevenzione della strage, una delle veline più significative: quella che riferisce della riunione di Abano Terme, nel corso della quale, il 25 maggio del '74 si sarebbe pianificata la strage.
Il «manovratore» di Maurizio Tramonte, sentito a lungo durante il processo di primo grado, nei primi giorni dell'anno avrebbe riconosciuto la falsità della datazione della velina attribuendola all'intervento del capo della sezione patavina del Sid, il maggiore Bottallo. Fulvio Felli avrebbe reso importanti dichiarazioni sulla presenza di Tramonte nella riunione di Abano, spiegando con esigenze di copertura dei servizi la ragione per la quale sino ad oggi invece le sue dichiarazioni erano state di segno opposto.
Le nuove dichiarazioni di Felli confermano per l'accusa quanto sostenuto da Maurizio Zotto, amico di Tramonte, che prima di ritrattare riferì di averlo accompagnato ad Abano in quei giorni, e di Domenico Gerardini, che in cella ricevette proprio da Tramonte la confessione della sua partecipazione a quell'incontro in cui Carlo Maria Maggi teorizzò l'escalation stragista.
Felli, se la Corte d'assise d'appello disporrà la riapertura del dibattimento, sarà chiamato dall'accusa a confermare un'altra circostanza: se è vero, come ritengono i pm, che al termine della sua lunga testimonianza in primo grado Tramonte lo avvicinò e gli chiese una mano per «togliersi da quella situazione».
La Procura, oltre che per introdurre le dichiarazioni dell'ex agente del Sid, chiede che il dibattimento sia rinnovato anche per restituire credibilità a Carlo Digilio e Martino Siciliano. I due parlarono di casolari mai trovati o non compiutamente individuati. Per il primo in quello di Paese Ventura, con il quale aveva rapporti testimoniati anche da cambiali, teneva il suo arsenale. Mentre nella casaccia tra Spinea e Mirano, della quale parlò anche Siciliano, Delfo Zorzi avrebbe consegnato a Marcello Soffiati la gelignite per confezionare l'ordigno utilizzato per la strage del 28 maggio. Grazie al supplemento d'indagine la Procura ha individuato il primo e sciolto le ambiguità rispetto all'esistenza del secondo. Ora per assicurare al processo questi elementi chiede alla Corte d'assise d'appello di sentire i proprietari degli immobili o i loro eredi.
Se questi e gli altri elementi potranno cambiare il finale dell'infinita storia processuale della strage è presto per dirlo. Occorrerà attendere almeno il 14 febbraio.
Pierpaolo Prati
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