Strage, istanza revisione Tramonte: come è andata l'udienza
Cinque anni dopo la sentenza con la quale la Corte di Cassazione ha pronunciato la sua condanna definitiva all’ergastolo per la strage di piazza Loggia, Maurizio Tramonte ieri è tornato in aula. L’ha fatto attraverso Skype, in collegamento dal carcere di Fossombrone dove l’uomo condannato per aver partecipato alla riunione in cui fu pianificato l’attentato del 28 maggio di 48 anni fa sta scontando il suo «fine pena mai». L’ha fatto per chiedere alla Corte d’appello un’altra chance, la revisione della condanna passata in giudicato il 20 giugno del 2017.
Cosa dicono i suoi avvocati
I suoi difensori, gli avvocati Baldassare Lauria e Pardo Cellini, ritengono di avere nuove prove in grado di portare alla pronuncia di assoluzione del 70enne passato alla storia dell’estremismo di destra come «fonte Tritone». In particolare una consulenza che, nella loro prospettiva, sarebbe in grado di smentire quella antropometrica acquisita agli atti del processo e secondo la quale il condannato era in piazza Loggia nei momenti successivi all’esplosione.
La foto analizzata dalla perizia, e che il condannato mostrò a Vincenzo Arrigo suo compagno di detenzione dicendo di essere stato a Brescia il giorno della strage, per gli avvocati non è di Tramonte. A dirlo il software utilizzato dal consulente Maurizio Cusimano, altre sue quattro fotografie inedite scattate in quel periodo, ma anche la sorella e la moglie dell’ex ordinovista, secondo le quali in quei mesi Tramonte portava la barba a differenza del giovane nell’immagine al centro del processo. Sul punto il procuratore generale Guido Rispoli ha prodotto una relazione del Ris, che ha escluso carattere di novità della consulenza tecnica della difesa.
La foto e l'analisi
«Perizia Baricentrica»
Per l’avvocato Baldassare Lauria la perizia antropometrica invece è «baricentrica». «Solo con la presenza di Tramonte in piazza Loggia il giorno della strage l’accusa può affermare - ha detto il legale - che ad Abano Terme, presente il mio assistito, Maggi tre giorni prima progettò l’attentato. Senza quella foto, senza quella perizia, crolla tutto. Altro che prova eccentrica. Questo è lo snodo cruciale del processo». Se lo sarà o meno è presto per dire. Il presidente Giulio Deantoni, dopo aver seguito gli interventi del pg, dell’avvocato Lauria, dei difensori di parte civile Michele Bontempi, Francesco Menini, Silvia Guarneri, Andrea Vigani, Federico Senicato e Pietro Garbarino, ha aggiornato per le conclusioni dell’avvocato Pardo Cellini, le repliche e la decisione al 13 maggio prossimo.
La questione della moto
Il documento prodotto dai difensori del condannato afferma che quella moto fu immatricolata sei giorni dopo la riunione e tre dopo la strage. «In realtà - ha detto il procuratore generale Guido Rispoli - abbiamo recuperato il certificato di prima iscrizione che risale al 24 maggio di quello stesso anno. A tutto voler concedere comunque anche questa prova non è decisiva - ha proseguito - chi ci dice che Tramonte non sia andato ad Abano con la moto in prova o con un’altra Ducati? Resta che in cella, a Gherardini, disse di esserci a quella "maledetta" riunione, e che Gherardini è stato a sua volta ritenuto credibile».
Il presunto error in procedendo
A sostegno della sua istanza di revisione, la difesa di Tramonte ha anche invocato un contrasto di giudicati e un errore processuale che si sarebbe tradotto nella violazione dei principi del contraddittorio e del giusto processo.
Sotto il primo profilo il riferimento è alla sentenza con la quale la Corte d’appello di Venezia, assolvendo Angelino e Raffaele Papa avrebbe dato per assodato il coinvolgimento di Ermanno Buzzi, prosciolto dopo essere stato assassinato da Tuti e Concutelli nel carcere di Novara, nella deliberazione e nell’esecuzione della strage eccezion fatta per la preparazione della bomba. La sentenza veneziana del 1985 avrebbe fornito così una ricostruzione inconciliabile con quella oggetto della revisione e che vede Maggi quale regista della strage. «Le sentenze non sono incompatibili - ha spiegato Rispoli - come ha già sostenuto la Cassazione. Anzi. La partecipazione di Buzzi è stata oggetto di esplicita considerazione nel processo cui si riferisce l’istanza di revisione».
Gli avvocati di Tramonte lamentano anche un error in procedendo: l’impiego ai fini probatori, tramite il meccanismo delle contestazioni, di dichiarazioni confessorie - che poi Tramonte ritrattò - rese prima dell’iscrizione nel registro degli indagati e quindi senza l’assistenza di un legale. Secondo la difesa è palese la violazione del giusto processo e il rimedio è la revisione. «Su quelle dichiarazioni è sceso il giudicato della Cassazione. Le contestazioni, peraltro furono fatte in aula, nel corso di più udienze pubbliche - ha concluso il pg Guido Rispoli - alla presenza di un difensore. Che nulla eccepì».
@Buongiorno Brescia
La newsletter del mattino, per iniziare la giornata sapendo che aria tira in città, provincia e non solo.
Riproduzione riservata © Giornale di Brescia
Iscriviti al canale WhatsApp del GdB e resta aggiornato