Strage di piazza Loggia: una storia lunga troppi anni
Erano le 10.12 del 28 maggio 1974 quando in Piazza della Loggia a Brescia, cuore del dibattito politico della città, durante una manifestazione antifascista indetta dai sindacati, una bomba provocò la morte di otto persone e il ferimento di altre 100.
Da quel giorno, i magistrati bresciani non hanno mai smesso di indagare per individuare la mano che pose l’ordigno e l’ultimo processo, scaturito dalla terza inchiesta, riguarda un gruppo di ex ordinovisti veneti, già coinvolti ma poi usciti di scena nei procedimenti sulle stragi milanesi di piazza Fontana e della Questura, e il generale Francesco Delfino, il primo a indagare sull’eccidio quando era a capo del Nucleo operativo dei carabinieri. Fu proprio Delfino a indirizzare le prime indagini su un gruppo di neofascisti e di balordi bresciani imputati nel primo processo.Queste le tappe giudiziarie che hanno preceduto il dibattimento in corso.
2 giugno 1979: I giudici della Corte d’assise di Brescia condannano all’ergastolo Ermanno Buzzi e a dieci anni Angelino Papa, mentre assolvono gran parte delle 16 persone incriminate dal pm Francesco Trovato e dal giudice istruttore Domenico Vino, o li condannano a pene inferiori ma per detenzione di esplosivi o per altri attentati.
18 aprile 1981: Buzzi, personaggio in bilico tra criminalità comune e neofascismo, è strangolato dai “camerati” Mario Tuti e Pierluigi Concutelli nel supercarcere di Novara. I due motivarono l’omicidio con il fatto che Buzzi fosse «pederasta» e confidente dei carabinieri ma il sospetto è che temessero fosse intenzionato a fare dichiarazioni nell’imminente processo d’appello.
2 marzo 1982: I giudici della Corte d’assise d’appello di Brescia assolvono tutti gli imputati compreso Angelino Papa; nelle motivazioni definiranno Buzzi «un cadavere da assolvere».
30 novembre 1984: La Cassazione annulla la sentenza di appello e dispone un nuovo processo per Nando Ferrari, Angelino e Raffaele Papa e Marco De Amici.
23 marzo 1984: Il pm Michele Besson e il giudice istruttore Gian Paolo Zorzi aprono la cosidetta ’inchiesta bis’. Imputati i neofascisti Cesare Ferri, il fotomodello Alessandro Stepanoff e Sergio Latini. La nuova pista è aperta dopo le dichiarazioni di alcuni pentiti tra cui Angelo Izzo.
20 aprile 1985: La Corte d’assise d’appello di Venezia, davanti alla quale è celebrato il nuovo processo di secondo grado, assolve tutti gli imputati del primo processo bresciano.
23 maggio 1987: I giudici di Brescia assolvono per insufficienza di prove Ferri, Latini e Stepanoff. Ferri e Latini sono assolti anche dall’omicidio di Buzzi che, secondo i pentiti, avrebbero fatto uccidere perche non parlasse.
25 settembre 1987: La Cassazione conferma la sentenza di assoluzione dei giudici della Corte d’appello di Venezia e pone fine alla prima inchiesta sulla strage.
10 marzo 1989: La Corte d’assise d’appello di Brescia assolve, questa volta con formula piena, Ferri, Stepanoff e Latini.
13 novembre 1989: La prima sezione della Corte di Cassazione, presieduta da Corrado Carnevale, conferma e rende definitive le assoluzioni di Ferri, Stepanoff e Latini. I primi due saranno anche risarciti per la carcerazione subita.
23 maggio 1993: Il giudice istruttore Gian Paolo Zorzi proscioglie gli ultimi imputati dell’inchiesta bis. Quello stesso anno sarebbe cominciata la terza inchiesta, sfociata nell'ultimo processo.
16 novembre 2010: I giudici della Corte d’assise di Brescia assolvono Delfo Zorzi, Carlo Maria Maggi, Francesco Delfino, Pino Rauti e Maurizio Tramonte. per quella che una volta era definita insufficienza di prove. La Procura aveva chiesto l’ergastolo per gli ex ordinovisti veneti Delfo Zorzi e Carlo Maria Maggi, per il collaboratore dei servizi segreti Maurizio Tramonte e per il generale dei carabinieri Francesco Delfino. Per l’ex segretario dell’Msi Pino Rauti era stata chiesta l’assoluzione.
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