Strage di piazza della Loggia, il pg: «Richiesta di revisione di Tramonte da respingere»
Il procuratore generale Guido Rispoli ha chiesto alla Corte d’appello di respingere la richiesta di revisione formulata dai suoi avvocati e di confermare la condanna all’ergastolo di Maurizio Tramonte.
Secondo il procuratore generale le dichiarazioni della moglie e della sorella dell’uomo condannato al massimo della pena per la strage di piazza della Loggia non incidono sulle verità giudiziali messe definitivamente nero su bianco dalla Corte di Cassazione.
Nell’udienza dello scorso luglio Patrizia Foletto e Manuela Tramonte esclusero che il loro parente portasse la barba e affermarono che quindi non fosse lui il ragazzo ritratto nella foto utilizzata dal professor Capasso nella consulenza antropometrica che ha portato l’accusa a ritenere Tramonte in piazza Loggia quella mattina.
«Non si capisce perché non l’hanno detto prima - ha detto il pg - e nemmeno perché la moglie, quando ha avuto occasione di dirlo, ha preferito avvalersi della facoltà di non rispondere. Ammesso che la loro testimonianza sia attendibile, di sicuro non può incidere sull’intera ricostruzione della storia giudiziaria della strage. Tramonte è stato condannato per aver partecipato alla riunione di Abano Terme nella quale il 25 maggio 1974 fu decisa la strage. Partecipazione provata dalle sue dichiarazioni, dalle veline che consegnò ai servizi segreti e dalle dichiarazioni dei testimoni che dissero di avercelo accompagnato, ma anche che raccolsero la sua confessione circa la sua partecipazione».Tramonte: «Io estraneo a Ordine Nuovo e ai fatti»
Collegato dal carcere in videoconferenza Maurizio a Tramonte ha di nuovo preso la parola per dichiarazioni spontanee. Oltre a ribadire la sua estraneità ai fatti, il 70enne neofascista padovano ha affermato di essere un perfetto sconosciuto nell’ambiente ordinovista cui si imputa la strage di piazza Loggia. «Maggi, Digilio e Martino Siciliano hanno escluso di conoscermi» ha affermato Tramonte, che poi ha nuovamente sconfessato le dichiarazioni rilasciate in anni di collaborazione con la giustizia.
«Tutto quello che ho detto è frutto della rielaborazione della mia fantasia di cose che non ho vissuto direttamente - ha detto -, ma anche della violenza che mi è stata fatta dal Cap. Giraudo e dai suoi collaboratori in diversi interrogatori extra procura. Mio malgrado sono oggetto di una partita giocata scorrettamente da altri. La mia condanna serve ad avallare la frustrazione di chi non ha saputo o voluto guardare nella direzione giusta ed ha falsificato la storia».
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