Strage Cottarelli, annullato l'ergastolo ai Marino

È il verdetto per i trapanesi Vito e Salvatore Marino i due cugini accusati dell'eccidio della famiglia di Urago Mella.
Nel servizio di Teletutto il colpo di scena in Cassazione
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Ergastolo annullato. Scarcerazione immediata. E dalle lapidi di Angelo Cottarelli, Marzenna Topor e di loro figlio Luca sparisce nuovamente la firma di chi, fino a ieri, era ritenuto autore della strage di Urago Mella.

A cinque anni dalla mattanza del 28 agosto del 2006, scoperta nella villetta al 23 di via Zuaboni, la Corte di Cassazione accoglie la richiesta del pg e annulla la sentenza di secondo grado con la quale vennero condannati al massimo della pena i cugini siciliani Vito e Salvatore Marino.

La notizia arriva poco prima delle venti: dopo l’assoluzione con formula piena in primo grado il 27 settembre del 2008, la condanna in appello il 7 giugno del 2010, il nuovo ribaltone fa saltare per aria le tavole pronte per la cena. Tanto a Brescia, quanto a Trapani. Tutto da rifare.

Per decisione degli «ermellini» il processo d’appello bis non sarà celebrato a Brescia, ma prossimamente a Milano. Il perché è ancora da decifrare. In ogni caso all’appuntamento Vito e Salvatore Marino, che si sono sempre avvalsi della facoltà di non replicare alle accuse, si presenteranno liberi.

È la quarta volta in 5 anni che i cugini di Paceco, paese a pochi km da Trapani, attraversano la soglia del carcere; due in entrata, due in uscita. La prima nel settembre del 2006, quando la Squadra Mobile di Brescia andò prelevarli a casa. La seconda nel settembre del 2008, immediatamente dopo la sentenza di non colpevolezza pronunciata dal presidente della Corte d’assise Anna Di Martino.

La terza tra il gennaio e il giugno di quest’anno, quando Interpol e Polizia di Stato riuscirono a stroncare la loro latitanza, iniziata nel giugno del 2010 proprio nelle ore della pronuncia dell’ergastolo in appello. E la quarta, infine, in queste ore. Ad indicare i cugini siciliani quali autori del massacro fu Dino Grusovin, sedicente architetto triestino, raggiunto dagli inquirenti incrociando alcuni tabulati telefonici. Fu lui a dire cosa sarebbe accaduto quella mattina nella villetta di via Zuaboni.

I Marino (difesi a processo dagli avv. Pesce e Palermo), secondo lui, quel lunedì si presentarono a casa di Angelo Cottarelli, con il quale erano in affari, per ottenere ragione di alcune operazioni. Con la pretesa di denaro. Tanto denaro. Secondo la ricostruzione dell’accusa il 56enne bresciano emetteva fatture gonfiate ai due imprenditori trapanesi per consentire loro di ottenere indebiti contributi regionali e comunitari.

A scatenare la rabbia dei Marino alcuni protesti e il conseguente rischio di essere scoperti con le mani nella truffa. Di qui la necessità di un «chiarimento» che Grusovin, affermando di essere stato presente, ma legato al tavolo della cucina, disse di non essere riuscito ad impedire.

Nelle sue parole - per alcuni giudici credibili, per altri calunniose - il racconto dei minuti del massacro, il rumore dei proiettili che colpiscono in testa Angelo Cottarelli, Marzenna e Luca, e l’abbagliare letale della lama che li sgozza lasciandoli in un lago di sangue: una mattanza che, a cinque anni di distanza, è di nuovo senza firma.
 

Pierpaolo Prati

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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