Strage Cottarelli, è morto in carcere Vito Marino

Stava scontando l'ergastolo a Torino per il plurimo omicidio di Urago Mella del 2006, in cui morirono un imprenditore, sua moglie e il figlio
Vito Marino a un'udienza a Brescia nel 2010 - Foto Marco Ortogni/Neg © www.giornaledibrescia.it
Vito Marino a un'udienza a Brescia nel 2010 - Foto Marco Ortogni/Neg © www.giornaledibrescia.it
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È morto nel carcere di Torino, dove stava scontando una pena all'ergastolo, Vito Marino, 55 anni di Paceco (Tp), figlio del boss Girolamo, detto «Mommo u nano», ucciso del 1986. Marino era accusato della strage nota come strage Cottarelli, in cui nel 2006 vennero uccisi l'imprenditore Angelo Cottarelli, la moglie e il figlio 17enne.

Per il triplice omicidio era imputato anche il cugino Salvatore, che a metà ottobre scorso è stato assolto dalla Corte di Assise d’Appello. I processi sono stati caratterizzati da condanne e annullamenti con rinvio. Per Vito Marino la pena era diventata definitiva. La Procura di Torino ha disposto l'autopsia. Il corpo è stato rinvenuto dagli agenti, stamani, all'interno della sua cella.

La storia della strage di Urago Mella

La strage Cottarelli è uno dei delitti più efferati della storia bresciana recente, con una verità giudiziaria scritta ancora solo in parte, un infinito rimpallo in vari gradi di giudizio, ben dodici per uno dei tre imputati, due dei quali ora condannati in via definitiva.

Chiamato anche strage di via Zuaboni o strage di Urago Mella, il caso rinvia alla mattina del 28 agosto 2006, quando vennero trovati senza vita Marzenna Topor, 41 anni di origini polacche, e Luca Cottarelli, 17, rispettivamente moglie e figlio di Angelo Cottarelli, 56, che morì poco dopo l’arrivo dei soccorritori. La donna e il ragazzo vengono uccisi con colpi di pistola calibro 22: i killer sparano loro in fronte. Ad assistere impotente è costretto il capofamiglia, legato come i due congiunti con fascette da elettricista. Si scoprirà poi nell’intento di estorcere informazioni, su un sacco di soldi spariti nel nulla, che legano in un giro truffaldino il 56enne e i suoi carnefici. L’uomo viene sgozzato con un coltello da cucina, un proiettile lo sfiora al capo. Morirà poco dopo essere stato soccorso in ospedale.

Da allora iniziò una ricostruzione giudiziaria intricata, tra colpi di scena, fughe, latitanze e blitz internazionali. Alla quale, dopo quindici anni, non è ancora stato messo un punto.

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