Strage, appello bis al via con rischio «stop» immediato
È l'ultima occasione, dopo 11 processi, per stabilire a chi apparteneva quella mano che il 28 maggio del 1974, pose in un cestino dei rifiuti di Piazza della Loggia, a Brescia, un ordigno che provocò otto morti e oltre 100 feriti durante una manifestazione antifascista per denunciare l'escalation di attentati che si erano verificati in città.
A quasi 41 anni da quella mattinata piovosa, le inchieste hanno preso in esame senza esito la pista di un gruppo neofascista bresciano, di un attentato ideato nell'ambito
dell'estremismo di destra milanese e hanno portato infine a Ordine Nuovo, di cui l'allora ispettore per il Triveneto, il medico veneziano Carlo Maria Maggi, sarà alla sbarra a Milano martedì con l'ex collaboratore dei Servizi segreti Maurizio Tramonte, dopo che la Cassazione ha annullato la loro assoluzione, disponendo un nuovo processo.
Processo che si terrà davanti alla Corte d'assise d'Appello di Milano perché Brescia ha una sola Corte d'assise d'Appello che ha già giudicato i due imputati. Il dibattimento, però, rischia di interrompersi subito perché Maggi, nei giorni scorsi, tramite il suo legale, ha depositato un'istanza per la sospensione del processo a causa delle sue condizioni fisiche che non lo renderebbero in grado di partecipare in modo adeguato alle udienze e ha presentato la certificazione medica relativa alle sue patologie.
I giudici dovrebbero quindi disporre una perizia e decidere la sospensione del processo fino all'esito degli accertamenti, oppure stralciare la posizione di Maggi e proseguire il dibattimento per il solo Tramonte. Qualunque soluzione lascia con l'amaro in bocca le parti civili che vedono a rischio l'ultima possibilità di scoprire la verità su quell'eccidio che più sentenze hanno stabilito essere stato ideato negli ambienti di Ordine Nuovo senza, però, mai individuare fisicamente mandanti e esecutori materiali.
Maggi, infatti, è la persona «a carico della quale esistono gli indizi più gravi», secondo la Suprema Corte, spiega il presidente dell'Associazione dei famigliari delle vittime, Manlio Milani, e un processo a carico del solo Tramonte risulterebbe monco anche se l'accusa sembra voler chiedere per l'ex Fonte Tritone dei Servizi una rinnovazione del dibattimento sulla scorta di nuovi elementi.
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