Spezzatino con piselli

Le parole di Paolo Mucciarelli, bresciano, classe 1949, artista e comunicatore a tempo indeterminato
Spezzatino piselli
Spezzatino piselli
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Di Paolo Mucciarelli.

Odiavo i pantaloncini corti! Perché mi facevano freddo e perché davano troppa importanza ai calzini e alle scarpe. Mi costringevano a subire le scelte di mia madre che decideva i colori e obbligava le scarpe ad un comportamento decente. I miei dodici anni smascherati da questa restrizione denunciavano i miei pensieri e mi obbligavano ad un condotta coerente.

Limitavano le mie fantasie e mi esiliavano in una età che mi andava stretta, ogni giorno di più, come i miei pantaloncini!
Non è che le mie scarpe denigrassero prendere a calci le scatole di cartone o le latte abbandonate né che io mi facessi sconfiggere nell’entusiasmo di scaraventare un sasso nei lampadari negli androni delle portinerie, nelle case signorili del centro. Ma il condizionamento esisteva e mi pesava!

Questo pensavo di casa mia, davanti al portone in piazza Vittoria civico 6, quando, senza aprire la porta passavo tra le sbarre per non schiacciare il pulsante automatico.

Adoravo quel momento! Correvo sotto i portici verso l’Osteria del Frate, vicino al volto della torre bruciata, dove nonno Augusto mi aspettava alle prese con i bianchi con l’ oliva.

Il gelo inverno frenava la mia emozione, ma aperta la porta della cantina, l’aria calda mescolata al vino e al bertagnì, esplodeva e colorava di rosso guance e ginocchia, come il Botticino versato nei calici.

La signora Angela nascosta dietro i seni enormi, mi chiedeva se, io signorino, bevevo, e guardava il nonno, ridendomi. Non sapevo rispondere, la testa mi scoppiava e non riuscivo altro che a tendere il braccio, in attesa di quella spuma, dalla bottiglia nera.
«Me recomande embriaghet mia»... porgendomi il bicchiere ripieno fino all’orlo. L’attenzione di equilibrio tra le dita, mi faceva accettare da tutti. Le bollicine nere mi graffiavano la gola, e una mano ruvida da lavandino nei capelli, insieme a due occhi dolci, richiamavano il mio sorriso, nascosto dietro la vergogna.

Un’altra mano cercava la mia e le 100 lire della domenica, con l’approvazione silenziosa degli amici del nonno, trovavano la tasca. Tra le mie dita strette, per non essere abbandonate. L’atto della paghetta era consumato! Ritornavo trasparente agli occhi di tutti… Anche i miei, e iniziavo a guardare le persone, le cose. Ascoltare le parole e annusare quell’odore di fumo di sigaretta, mescolato alla trippa con le verdure.
Mi godevo la mia immunità di bambino e rassettavo le piume di giovine aquilotto.

Il nonno mi osservava al di sopra del bicchiere di vetro e non mi diceva nulla. Non ha mai detto nulla! Ma è come se avesse detto tutto e i suoi occhi umidi si schiacciavano nell’urto del vino. Alla fine del gusto, senza preavviso, usciva il portafogli, cascavano le monete sul banco, ritornava nella tasca uscendo dalla porta.

D’improvviso il gelo di un nuovo mondo, contrada Santa Chiara, via San Faustino.. el Carmen, una brusca curva nei vicoli stretti, di fronte alla GIL, in vicolo Diagonale n.6. Lì dove sono nato. Nelle scale buie vedo i miei genitori giovani, infiammati d’amore, nascosti dentro i gradini e mi viene da ridere!

Si apre l’ultimo cancelletto nella ringhiera del lungo ballatoio aperto. Giù nel cavedio, su nei tetti. In fondo il gabinetto di ghiaccio dove finivano anche i vicini, con la carta di giornale bucata dal fil di ferro.

I gerani sulla ringhiera, le fucsie, le pansè e le caroline ricoperte di cellophane terminavano in catambra verde ombra che decorava la porta finestra d’entrata. Dopo gli ombrelli, l’uscio di vetro cattedrale ambrato, il tavolo impiallacciato radica noce del salotto e la credenza con i bicchieri di cristallo e il sevizio buono. Vicino alla poltrona di cuoio consumato, su di un tavolino… La mia abat-your. Quella che ho costruito io, sotto la guida delle mani magre e veloci della mia nonna… 45 chili, 145 centimetri di altezza, Rosi. Nonna Secca.

Lavorava in officina con la vestaglia nera di popeline sempre piulita e stirata, non la toglieva mai! Prendeva i ceppi di legna, metteva il paiolo con l’acqua tra i cerchi di ferro, sul fuoco della cucina economica e già nel pomeriggio, dopo aver riassettato la casa, montava le abat-jours che uscivano a pezzi dal cartone, nell’angolo, vicino all’ armadio.

Avvitavo con lei, lampadine ai bulbi di ceramica, fissavo velette di canapa, che si sarebbero illuminate e gambe di ottone lucido tornito, rimbalzanti di riflessi fino al tavolo… «T’egnarà ’n ment la to nona!» mi diceva parlando misteriosa. Quanto ho ricordato questa frase nella vita… Cercando di immaginarmi la voce, ma rivivendone il senso, la forza, la rassegnazione!

E dietro l’ultima porta a vetri, prima della cucina, bagnata dal vapore, con le tendine… Gli occhi felici e furbi della nonna. Spezzatino con piselli e polenta, versata sul tagliere di legno, di getto, e coperta, al volo, da uno straccio pulito. Per fermare il calore!
Quel saluto era il migliore… «Dai sintet so, lenticiù spiritual, fat tosà che te stet mal!» E con il nonno in silenzio ci sedevamo di fronte ai piatti!

La ricetta - SPEZZATINO CON PISELLI (per tre persone)
600 gr. di vitello tagliati grossolanamente
3 grosse cipolle bianche
700 gr. di piselli freschi sgranati (Roaiot)
olio extra vergine d’oliva, aglio, cipolle, estratto di podomoro diluito in ½ litro di brodo di dado,Farina, un bicchiere di vino bianco con acqua, sale.

Il tutto può essere emozionato aggiungendo: nepitella o maggiorana o salvia o prezzemolo secco; ma nonna Rosi, non ci metteva niente ed era buono lo stesso!

In una padella alta, larga e pesante soffriggere nell’ olio, uno spicchio d’aglio schiacciato, strascicandalo sul fondo della pentola.
Mettete nell’olio vivace il trito di cipolla, passato sul tagliere con la mezzaluna.

Fate imbiondire le cipolle e giratele con un cucchiaio lungo di legno, aggiungete il bicchiere di vino con acqua, in rapporto 2 a 3, facendolo evaporare. Lasciate entrare il liquido nel soffritto.

Infarinate i bocconi di vitello e adagiateli sul letto di cipolle. Lasciateli rosolare, facendo attenzione. Rigirateli e aggiungete il restante vino.
Aggiungete i piselli freschi sgranati e dopo 1 minuto, mescolate tutto per evitare che si attacchi al fondo della pentola e infine, versate il brodo con l’estratto di pomodoro diluito.

Sfiammate e dopo 20 secondi di bollore, incoperchiate e abbassate il fuoco.

lasciate cuocere dolcemente per 20/30 minuti, controllando ogni tanto, la consistenza dell’ intingolo (se risulta asciutto aggiungete gradualmente il brodo).

Alla fine della cottura, spegnete il fuoco e lasciate riposare mentre versate la polenta sul tagliere.
 

Note biografiche. Paolo Mucciarelli, bresciano, classe 1949, artista e comunicatore a tempo indeterminato, dal 1980 partecipa a manifestazioni artistiche in ambito europeo e segue una serie di progetti per installazioni nella natura.

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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