Sono 2.350 i profughi nel Bresciano: l'accoglienza comune per comune

Sono divisi nelle due reti previste dalla legge: i Centri di accoglienza straordinaria (Cas) e il Sistema di accoglienza e integrazione (Sai)
L'accoglienza riguarda spesso donne e bambini - Foto Ansa © www.giornaledibrescia.it
L'accoglienza riguarda spesso donne e bambini - Foto Ansa © www.giornaledibrescia.it
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Sono 2.350 i profughi presenti nel Bresciano, divisi nelle due reti previste dalla legge: i Centri di accoglienza straordinaria (Cas) e il Sistema di accoglienza e integrazione (Sai). Sono due realtà molto differenti, come risulta evidente anche dal nome. I Cas sono strutture di emergenza di primo livello, mentre nei Sai gli ospiti vengono avviati ad un percorso di inserimento. I Cas, finanziati da un fondo statale, dipendono dalla prefettura; si tratta di alloggi messi a disposizione da privati attraverso un bando. La rete dei Sai, anch’essa sostenuta da fondi statali, è invece costituita dagli enti locali (Comuni, Comunità montane, Provincia), che affidano la gestione degli alloggi affittati e dei servizi per l’integrazione a realtà del Terzo settore.

La mappa che pubblichiamo nel pdf in allegato a questo articolo riporta i Comuni che ospitano alloggi destinati ai richiedenti asilo oppure a persone che hanno già ottenuto la protezione.

Nei Cas

Nel Bresciano gli ospiti dei Cas sono 1.723 (dei quali 136 ucraini), divisi in oltre centoquaranta unità abitative (con più appartamenti) distribuite fra 47 Comuni. I Cas suppliscono l’insufficienza dei posti per i richiedenti asilo nelle strutture pubbliche. Dovrebbero essere luoghi di passaggio; in realtà, la permanenza può durare anche anni. L’assistenza ai profughi riguarda soprattutto la sussistenza, con pochi servizi indispensabili di supporto. Al contrario dei Sai.

Nel Sai

Alla rete Sai bresciana aderiscono 42 Comuni, distribuiti su 13 progetti (649 posti totali) con un ente locale capofila: Sai Breno (67 posti), Sai Breno disagio mentale (25), Sai Brescia (92), Sai Calvisano (10), Sai Castegnato (30), Sai Cellatica (52), Sai Comunità montana della Valtrompia (166), Sai Collebeato (25), Sai Cologne (27 posti, progetto in chiusura a dicembre), Sai Palazzolo (38), Sai Passirano (27), Sai Provincia (50), Sai Comunità montana della Valsabbia (40 posti, di cui solo 18 attivi). La gestione è affidata a cooperative e associazioni del Terzo settore.

Il passaggio

Il passaggio dal Cas al Sai è fondamentale per il migrante. Il Sai, infatti, include corsi di formazione, tirocini lavorativi, copertura delle rette della scuola materna, assistenza legale, sanitaria e psicologica, insegnamento della lingua. Insomma, è uno strumento più efficace per favorire l’integrazione.

Nei Sai ci sono sia profughi in attesa della domanda di asilo che migranti che già godono dello status di rifugiato. Tuttavia, il cosiddetto «Decreto Cutro» del Governo Meloni, entrato in vigore a maggio, adesso esclude l’ingresso nei Sai dei richiedenti asilo. Con alcune eccezioni: chi è arrivato in Italia attraverso corridoi umanitari, i cittadini afghani evacuati nel 2021, i soggetti vulnerabili (minori, disabili, anziani, donne in gravidanza, i genitori con figli minori, gli affetti da gravi malattie, le vittime di violenza).

L’associazione «Adl a Zavidovici» è uno dei soggetti che, per conto degli enti locali, gestisce più Sai. Maddalena Alberti, direttrice di Zavidovici, è anche coordinatrice della rete provinciale. «Il Sai - commenta - è un sistema virtuoso, che garantisce ospitalità ai profughi con servizi per l’integrazione e l’autonomia dei rifugiati. Inoltre, danno lavoro a tanti operatori sociali, senza contare i benefici per l’economia locale».

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