Solitudine? Parliamone col nostro assessore

Da condizione relegata alla sfera individuale, la solitudine è ora entrata nello spazio pubblico, anche quello delle istituzioni
In alcuni comuni è nato l'assessorato alla Solitudine
In alcuni comuni è nato l'assessorato alla Solitudine
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«La solitudine che tu mi hai regalato io la coltivo come un fiore» cantava anni fa Sergio Endrigo, quando la festa appena cominciata (nella canzone) era già finita. Oggi questa condizione, per secoli ritenuta motore ideale per il genio artistico oppure relegata alla sola sfera individuale di chi era o si sentiva emarginato, si proietta di forza nello spazio pubblico e sociale.

Tanto che alcuni Comuni hanno iniziato a istituire assessorati ad hoc. Ultimo in ordine di tempo Povegliano nel vicino Veronese, che ha emulato nel coltivare, pardon prendersi cura della solitudine, il pioniere Villa del Conte nel Padovano, e ha affidato la delega alla Solitudine a un giovane e brillante sommelier con background da musicista (sarà un caso?). «Per prima cosa faremo una ricognizione di tutti i casi, con l’azienda sanitaria e i nostri servizi sociali - ha spiegato in un’intervista Niccolò Valente –. Il segreto di ogni programma futuro risiederà nel coinvolgimento, perciò la prima azione, banale ma tangibile, sarà andare a trovare le persone».

Colpisce quanto l’attività amministrativa tenda creativamente a prestare sempre più attenzione anche ad ambiti attinenti più all’immaginario collettivo che alla gestione, ordinaria e straordinaria, della vita sociale: si vedano i vari assessorati alla Gentilezza e al Futuro nati in questi anni, o i sindaci della Notte nati sulla scia di Amsterdam. Contaminazione promettente che risponde ai nuovi bisogni, reali o percepiti come tali, delle nostre comunità. L’impressione è che la festa appena cominciata (degli assessorati) non sia ancora finita.

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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