Sirmione, 32 anni di lite in tribunale per un terreno
Né risarcimento milionario né restituzione delle aree. Si è conclusa con la bocciatura su tutti i fronti il ricorso proposto dalla società Villa Cortine srl contro il Comune di Sirmione e la Regione Lombardia.
La vicenda è sicuramente la più annosa della storia della penisola cara a Catullo perché risale addirittura al 1981. Il primo ricorso al Tar di Brescia era stato respinto nel gennaio 2009. Ora è arrivato il bis del Consiglio di Stato, che ha rigettato l’appello confermando il 22 maggio la sentenza del Tribunale amministrativo regionale.
Tutto era iniziato nel lontano novembre del 1981 quando la società che gestisce il cinque stelle palace hotel Villa Cortine si era obbligata a cedere con atto unilaterale possesso e proprietà di due aree a condizione che il Comune, in sede di adozione del piano regolatore, modificasse la destinazione di altri terreni di proprietà in modo da consentire su questi un intervento edificatorio di 10.000 metri cubi allo scopo di ampliare la capacità dell’albergo. Il Prg fu approvato nel 1982 con quest’ultima previsione. Sedici anni dopo, nel ’98, il Consiglio comunale approvò il nuovo Prg confermando l’ampliamento da 10 mila metri cubi. Ma tale previsione fu stralciata dalla Regione. Il Comune ne prese atto.
A quel punto partì il contenzioso. La società impugnò gli atti, ne chiese l’annullamento, la restituzione delle aree cedute. Il Tar di Brescia respinse il ricorso che è stato appellato al Consiglio di Stato al quale è stato chiesto, oltre all’annullamento di tutti gli atti, anche un risarcimento da parte di Comune e Regione Lombardia di 25.053.652 euro; in subordine la restituzione delle aree oltre all’indennizzo per occupazione senza titolo.
Il Consiglio di Stato ha ritenuto l’appello infondato e da respingere. Da un lato, dice la sentenza, c’è stato l’atto unilaterale di cessione, dall’altro la pianificazione urbanistica del Comune, che ha dunque realizzato il presupposto previsto dalla promittente Villa Cortine che il Comune aveva manutenuto anche nel 2000. I giudici rilevano come per diciannove anni ci sia stato il mancato esercizio del diritto di edificazione e dunque è stata esclusa la sussistenza di alcun danno qualificabile come «ingiusto».
I motivi del no regionale alla conferma dell’edificabilità non sono stati ritenuti irragionevoli dai giudici laddove chiedevano un approfondimento istruttorio. Infine, nonostante l’esistenza dell’accordo, questo non comporta per il Comune l’abdicazione del potere di pianificazione urbanistica.
Riproduzione riservata © Giornale di Brescia
Iscriviti al canale WhatsApp del GdB e resta aggiornato