Siccità e alpeggi: pascoli secchi e niente acqua, si valuta il ritorno a valle
Un maiale beve venti litri di acqua al giorno, per abbeverare una sola vacca, invece, ne servono quasi duecento. Moltiplicati per migliaia di esemplari, fanno una quantità innumerevole di ettolitri di acqua che quotidianamente vengono versati nelle pozze degli allevamenti bresciani.
Numeri che fino a qualche tempo fa erano appannaggio della zootecnica, ma che con il caldo insostenibile delle ultime settimane sono diventati centrali nella gestione della crisi idrica che, come i centri urbani, ha investito anche tutte le aziende agricole della provincia di Brescia.
Difficoltà
Apocalisse, la spietata ondata di calore che ci attanaglia da giorni, non risparmia davvero nessun essere vivente. E così se gli umani prendono d’assalto i supermercati (si registra un forte incremento di vendite, rispetto al mese di giugno di bottiglie d’acqua +30%, angurie, meloni e pesche +20%, ghiaccioli e gelati +35% e in particolare di ghiaccio pronto all’uso +40%), gli animali confidano di non essere abbandonati al loro destino. Pur tra mille difficoltà, negli allevamenti bresciani questo non accade, ma sicuramente siamo ormai al limite.
Le stazioni meteo dell’Arpa ci raccontano di temperature insostenibili anche ad alta quota, per fare un esempio, al lago della Vacca (a 2.410 metri) le minime notturne non scendono sotto i 13 gradi, un dato incredibile; nella nostra provincia (sempre la notte) si viaggia ovunque sopra i 20 gradi (l’altra notte a Desenzano la minima è stata 27 gradi). Le conseguenze della frescura assente anche ad alta quota, per non parlare del miraggio pioggia, sono pensantissime. Anche per gli alpeggi, con i pascoli che sono sempre più secchi e le pozze per abbeverare gli animali asciutte.
In tutta la provincia sono 176 le malghe dove gli animali vivono sotto il sole cocente, fiaccati da temperature che sfiorano i 40 gradi mentre brucano su pascoli completamente secchi. Una situazione straordinaria che ha già causato le prime, serie emergenze. Come nell’alpeggio comunale di Caregno, dove nei giorni scorsi la protezione civile ha soccorso la Malga Lividino con un’autobotte contenente 80mila litri d’acqua potabile, per riempire le scorte che erano calate in poche settimane.
Complicazioni anche per le 90 vacche dell’alpeggio di Morena Antonioli, al passo del Mortirolo, dove l’agricoltrice è costretta abbeverare gli animali ai ruscelli e al lago. Quest’ultimo, per di più, ha un livello di due metri sotto la media rispetto allo stesso periodo un anno fa.
«La nostra preoccupazione - aggiunge Antonioli - è anche il maltempo: se dovesse arrivare una forte grandinata il Mortirolo sarebbe rovinato».
Prati secchi
«Una situazione drammatica che coinvolge i pascoli in altura dalla Lombardia al Veneto, dal Piemonte all’Emilia» sottolinea Coldiretti. «I prati secchi costringono le greggi a spostarsi sempre più dentro nei boschi, mentre a causa delle fonti d’acqua in affanno gli animali rischiano di non avere da bere. Così, in alcuni casi vengono dissetati da rifornimenti di emergenza trasportati con gli elicotteri, con le autobotti e con le cisterne trainate dai trattori».
C’è anche il rischio di un ritorno a valle forzato e anticipato di diverse settimane per la difficoltà di approvvigionamento del fieno necessario a sfamare gli animali. «Lo stato dei pascoli in montagna è molto critico - spiega Coldiretti - e in diverse zone si sta procedendo anticipatamente con il secondo taglio di fieno, per salvare il salvabile visto che dal punto di vista della quantità si sta raccogliendo il 40% del foraggio».
Stalle
La condizione però non migliora nemmeno nelle stalle, che almeno in teoria dovrebbero essere più ventilate. Qui il termometro segna invece costantemente i 35-38 gradi. Una temperatura che ha costretto gli allevatori a ingegnarsi per cercare di dare sollievo al bestiame: nell’azienda agricola di Gianico in cui lavora, Claudio Bonetti ha cercato di mantenere il più possibile le vacche distanziate tra loro dentro i recinti, coprendole con dei teli per ripararle dal caldo. «Ma se le temperature continuano a rimanere queste è tutto inutile» sospira sconsolato.
Le compagnie agricole sono preoccupate anche per l’effetto che le ordinanze di gestione idrica - e in particolar modo quelle che chiudono i rubinetti durante la notte, come a Lodrino - potrebbero avere sugli allevamenti, dato che il bestiame ha bisogno di dissetarsi anche di notte. Danni. Il protrarsi della siccità sta minando alla radice le rese dei campi. Una situazione trasversale a tutti i settori, che stanno vivendo una crisi epocale. In provincia di Brescia, per esempio, la produzione di orzo e frumento si attesterà intorno al 60% della media degli ultimi anni, mentre risulta più complicata la situazione del mais, sostentamento per il bestiame.
«Secondo le prime stime - spiega Giovanni Garbelli, presidente di Confagricoltura Brescia -, ci saranno perdite produttive di circa il 40% ed enormi perdite qualitative del prodotto finale». Sul fronte viticoltura, alcune zone non hanno criticità, mentre in altre le viti sono ferme. Anche l’olivicoltura bresciana è in difficoltà, la produzione persa è già al 50% della fioritura. In generale, «a oggi non sono previsti ristori - conclude il presidente Garbelli -, possiamo solo quantificare i danni subiti dai nostri imprenditori. Chiediamo alle istituzioni di agire al più presto per prevedere aiuti per tutte le aziende agricole, che stanno facendo il possibile per mandare avanti le loro realtà».
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