"Siamo radicali nell'impegno per le riforme"
«Tenevo molto all'appuntamento di sabato scorso con i bresciani, mi scuso con loro, ma sanno per quale motivo non sono potuto venire...». Il premier Mario Monti, più o meno alla stessa ora in cui era fissato l'incontro nell'auditorium della Camera di Commercio, si trovava in Vaticano dal Papa, un'udienza di saluto fissata dopo l'annuncio delle dimissioni di Benedetto XVI.
Presidente, con la sua salita in politica lei interpreta un'identità moderata. Cos'è il moderatismo?
L'essere moderati è un valore in sé per quanto riguarda lo stile di comportamento, tanto più nel fare politica. Tante manifestazioni di questa epoca, di esasperata conflittualità, di populismo, di protesta fine a se stessa senza individuazione di soluzioni, sono il contrario del moderatismo. L'Italia, però, ha bisogno di moderati radicali, di persone che abbiano quello stile pacato, ma con la voglia, la capacità e la tempra di resistere agli ostacoli per fare le tante riforme che servono per farci diventare un Paese moderno e dinamico. Sono riforme che richiedono spesso un certo radicalismo: occorre molta forza per superare la resistenza di lobbies, categorie, corporazioni. Ma ciò tenendo sempre conto degli interessi generali e rispettando tutti.
Quale significato ha per lei il centro?
Scelta Civica è stata costituita da tante persone con esperienze diverse. Ci siamo trovati d'accordo sul fatto che l'asse tradizionale della politica, quello che vede due poli, uno di sinistra e uno di destra con qualcosa a metà che è il centro, oggi non ha più molta capacità interpretativa o risolutiva delle difficoltà della politica. Il bipolarismo conflittuale visto in Italia negli ultimi vent'anni ha fatto il suo tempo, con il tentativo dei poli di distruggersi a vicenda. C'è stato un solo momento di cooperazione, quello indotto dall'emergenza finanziaria che ha poi portato al mio Governo tecnico nel novembre 2011. Per il resto i due poli sono riusciti solo a bloccarsi senza fare le riforme.
Voi come vi collocate, allora?
Più che come centro, noi interpretiamo noi stessi come un gruppo di persone che hanno in comune questa voglia di fare le riforme. Perciò abbiamo tanta ritrosia a rispondere in anticipo a chi ci interroga sulle future alleanze. Noi ci siamo schierati con la nostra proposta sui temi, sulle proposte: staremo con coloro che condivideranno le nostre idee. Pensiamo che a questo appello, se solo avessimo più tempo, potrebbe facilmente rispondere la maggioranza del popolo italiano. Non abbiamo nessuna ansia di essere necessariamente al governo. Ci saremo se i cittadini ci conforteranno largamente con il voto e se altre forze avranno voglia come noi di battersi per le riforme.
Lei sottolinea spesso il carattere civico della sua formazione: perché l'alleanza con figure storiche della politica come Fini e Casini?
Noi abbiamo fatto appello alla società civile perché in questa situazione di difficoltà, ma anche di grande promessa per il Paese in cui la politica è stata costretta ad aprire una finestra e chiedere aiuto alla società civile per gestire l'emergenza finanziaria, questa finestra non si chiuda. Vorrei che si aprisse una porta nel fortino della politica per far entrare aria fresca e società civile. Ma non credo che tutto il bene sia nella società civile e tutto il male in quella politica. Non è così. Anche la società civile deve sfidarsi e migliorare: la nostra proposta la sfida.
Al tempo stesso ci sono elementi nella società politica che non c'è ragione a priori di fermare. Noi stiamo con Udc e Fli perché queste due entità del terzo polo hanno capito prima di tanti altri il limite del bipolarismo italiano esasperato. Inoltre, per tutte le proposte del Governo che richiedevano approvazione parlamentare ho trovato la maggiore disponibilità proprio nel polo di mezzo. Esso non ha ostacolato le riforme, anche se toccavano gli interessi di categorie vicine a loro elettoralmente. Infine, Scelta Civica si è data criteri rigorosi per le candidature: Udc e Fli hanno li hanno accettati.
Quali sono le riforme strutturali più urgenti?
Quelle che abbiamo cominciato a mettere in cantiere, attuandole in parte e non sempre in modo soddisfacente nel Governo tecnico. La riforma delle pensioni era una delle più necessarie e urgenti, veniva rinviata da quindici anni. Il nostro Governo è stato costretto dalle esigenze del mercato e dall'urgenza di recuperare credibilità a farla in tre settimane.
Poi c'è la riforma del lavoro varata in primavera, non abbastanza intensa. Ci vuole più flessibilità sia all'ingresso sia in uscita per favorire di più la creazione di posti di lavoro e la situazione dei giovani disoccupati. Il Pd ci ha impedito di andare oltre perché ha dato ascolto alla Cgil che era contraria a molti aspetti. Poi ci sono le riforme che riguardano la giustizia: una giustizia ben funzionante è essenziale per la vita economica, oltreché per quella civile. Abbiamo istituito i tribunali per le imprese, adesso va monitorato il loro funzionamento. Per il bene della civiltà e dell'economia dobbiamo occuparci di prevenzione e lotta alla corruzione: abbiamo fatto passare con una certa difficoltà una legge anticorruzione, e qui gli ostacoli sono venuti dal Pdl, ma occorre andare molto più a fondo.
Altre materie?
Le regole sul conflitto di interessi. Poi ci sono le liberalizzazioni: ne abbiamo fatte parecchie, ma ne servono di più e più audaci. Queste ultime hanno incontrato ostacoli a sinistra, ma soprattutto a destra. Bisogna snellire la realizzazione delle infrastrutture pur con la massima attenzione al rispetto delle esigenze ambientali. Sono riforme da fare bene, senza freni e blocchi. Ecco perché la cosa più importante è mandare in Parlamento le forze più propense alle riforme.
Il voto cattolico può spostare gli equilibri?
Noi siamo attenti alle questioni etiche e al ruolo della religione e della chiesa, pur tenendo alla chiara distinzione dei ruoli. Ho ragione di ritenere dai molti contatti che ho avuto nella mia funzione di premier con i vertici della Chiesa, con tanti vescovi e parroci, che ci sia molto interesse verso le nostre posizioni e proposte. Vedremo.
L'Italia e l'Europa...
Prima di tutto serve un Governo che abbia dentro si sé sensibilità e competenze profonde per l'Europa. Abbiamo potuto migliorare il modo in cui l'Italia viene percepita in Europa, abbiamo potuto ottenere di più in sede di bilancio comunitario nei giorni scorsi, abbiamo potuto spendere meglio e più rapidamente i fondi strutturali nelle nostre regioni meno sviluppate anche perché abbiamo nel Governo persone che hanno lavorato in Europa, conoscono a menadito le istituzioni, le procedure, le persone.
Più che 15 mesi fa, abbiamo le carte in regola per essere protagonisti della costruzione europea. È importante utilizzare bene economicamente tutto ciò che ci viene dall'Europa, cercare di ridurre il costo dell'Europa per l'Italia. Bisogna tenerci stretti alla costruzione europea, che ci ha dato tanti vantaggi in termini di modernizzazione.
Le fanno impressione le piazze riempite da Grillo?
Sì. Mi danno soprattutto il senso di quanto noi di Scelta Civica abbiamo in comune con la gente che riempie le piazze di Grillo: la profonda insoddisfazione per la politica vista negli ultimi decenni. Ma siamo diversi da Grillo: è giusto che la protesta ci sia, ma è più proficuo se viene canalizzata verso chi ha una storia tutta diversa dalla politica tradizionale, ne ha preso le distanze e cerca di proporre alla società civile un modo per appropriarsi di più della politica e quindi per trasformare la protesta e la rabbia in decisioni che facciano funzionare meglio lo Stato.
Enrico Mirani
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