Sguardo al 2029: il punto su come sarà il tram di Brescia
Non è un progetto qualsiasi. Non è, soprattutto, «solo» un progetto. È, semmai, la sintesi pratica di un’idea e di un volto di città, la nostra città, che vuole essere europea e tenta così di accogliere le sfide del tempo futuro: più sostenibilità ambientale, meno congestione (congestione e non traffico inteso come «fermento» e come «vivacità» in termini di presenze nei quartieri e attorno alle attività commerciali), più tempestività ed equità del servizio pubblico. Ma per Brescia è anche altro: significa completare e integrare finalmente quell’offerta introdotta dalla metropolitana e rimasta di fatto spuria, con quel tracciato ad «L» che - inutile negarlo - tagliava brutalmente fuori da un servizio intere fette di città.
È (anche) questo il progetto tram: la ricucitura di uno strappo che ha fatto per certi versi viaggiare il capoluogo a due velocità. E come ogni grande opera che ha l’onere di lasciare un’impronta significativa, fa discutere. Di modificare la mentalità e l’approccio, declinandoli il più possibile in una prospettiva di responsabilità futura lo chiedono - ormai da anni e a gran voce - i giovani, a partire dal movimento Friday for future che riempie le piazze per tenere alta l’attenzione della politica sulla crisi climatica.Il progetto del tram, che porta la firma di Federico Manzoni, uno degli assessori più giovani della Giunta guidata da Emilio Del Bono, cerca di dare una risposta anche a questa richiesta con un disegno premiato da 359 milioni di finanziamento ministeriale. Si poteva fare meglio e prima? Può essere e i dibattiti fanno sempre bene a una città che vuole crescere e che crede nella forza delle idee a confronto. Intanto però il percorso e i principi chiave che questo percorso lo indirizzano sono tracciati e rappresentano allo stesso tempo un punto fermo e un cammino.
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