Sfida metro - auto dalla Stazione Fs all'Ospedale
CON LA METROPLITANA
La città sembrerà anche più europea, o civile, o vivibile. Ottime caratteristiche, per carità, ma ciò che conta - almeno per la scrivente che ha la fortuna vivere a Nord, a pochi passi da una fermata, e lavorare a sud, a una manciata di metri dalla stazione - è la comodità. Comodità anche nel prezzo, reciterebbe qualche slogan pubblicitario paludato, ma per un paio di fermate forse varrebbe qualche riflessione.
Si era detto «mezzogiorno puntuali là». Ma tra una cosa e l’altra, c’era da immaginarlo, si sono fatte le 12.1: foto di rito, baci e abbracci e si va, ciascuno con il suo mezzo.
Si scendono le scale - parte a piedi e parte mobili, per amor di cronaca - e alle 12.21 si timbrano i documenti di viaggio. «Tre minuti», avverte il display in arancione shock. Combinazione vuole che la stazione sia gremita di colleghi, e 180 secondi scivolano che nemmeno c’è modo di accorgersene. A 12.24 tutti in carrozza, ed esattamente dieci minuti dopo l’ingresso dell’ospedale ci si staglia dinanzi.
Tempo di percorrenza al lordo dell’attesa, dunque, 15 minuti. Poco più di un caffè, reciterebbe lo spot di cui sopra. Nemmeno sufficienti per mettersi a leggere un libro, ma abbastanza per concedersi la tranquillità - e la tecnologia - di rispondere al volo a una mail e chiamare la mamma per avvisarla di gettare la pasta. Seduti. Ecco, forse questo è l’unico nodo da sciogliere: non ci fosse stato posto a sedere, la scrivente - che non è stata dotata da Madre Natura della mezza bellezza - avrebbe dovuto giocoforza trovare un appoggio ad altezza - pardon, a bassezza - adeguata. Ma finché il problema non si porrà, e non è poi ’sto gran problema, l’automobile resterà a sonnecchiare in garage. Annoiata lei, rinfrancati portafoglio e fegato (non esattamente a prova di traffico cittadino e gimcane per parcheggi, peraltro a pagamento)della proprietaria.
Raffaella Mora
CON L'AUTOMOBILE
Partiamo alle 12,19 dalla stazione ferroviaria e alle 12,36 siamo giusto davanti all’ingresso pedonale del Civile. Diciassette minuti di percorso, senza mai inserire oltre la seconda, lungo via dei Mille, via Montesuello, via Marconi e, infine, piazzale Cossuth.
Più il tempo in sosta che non, quasi, quello di marcia; poi l’arrivo alle 12,30 in punto all’Ospedale. Due giri di rotatoria senza segnaletica orizzontale leggibile (che buche, peraltro) e l’ingresso nel parcheggio a raso nella speranza di un posto libero. Un furgone bianco ci lascia lo spazio, indicato da uno straniero che gesticolando svolge il compito di parcheggiatore. Gli diamo qualche moneta e lui allunga il biglietto di un precedente automobilista.
Dalla partenza il parzializzatore segna all’Ospedale 4,1 chilometri. Ora che siamo entrati nel parcheggio si sono aggiunti altri 300 metri. Attraversiamo e alle 12,36 siamo davanti all’ingresso pedonale come pattuito. Raffaella ci aspetta da qualche minuto. Il viaggio in metropolitana è stato certo più rilassante. Di sicuro meno caotico del superare il traffico di mezzogiorno, socialmente più pregnante dall’evitare il camion che in via dei Mille ci ha tagliato la strada e la Bmw bianca che in via Lupi di Toscana era indecisa se uscire o restare sulla riga dello stop, mentre il conducente, una bella signora bionda, discuteva animatamente, telefonino premuto all’orecchio.
Alla fine i costi: secondo le tabelle Aci la nostra auto comporta un onere di 0,7330 al chilometro (totale 3,2 euro dalla Stazione al Civile). Se avessimo guidato una Punto 1.200 cc da 69 cavalli avremmo speso 1,935 euro, più ovviamente il parcheggio, contro l’1,2 euro del metrò. Alla fine va detto che siamo arrivati a destinazione senza troppe difficoltà. Certo prestando attenzione alle mille vicissitudini in cui ci si imbatte per strada. Ma con la certezza che, nel caso, la prossima volta, l’auto resterà allo scambiatore.
Roberto Manieri
Riproduzione riservata © Giornale di Brescia
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