Separazioni difficili, ecco i metodi alternativi al tribunale
Quando una coppia si trova a dover affrontare una crisi familiare, a dover risolvere una frattura insanabile nel rapporto, a gestire i conflitti emotivi per cercare di superare una relazione ormai compromessa, evitando di riversare frustrazioni sui figli e di mettere a rischio anche il rapporto con loro, da alcuni anni ha a disposizione una serie di strumenti - ancora poco conosciuti nel nostro Paese - che evitano il ricorso al Tribunale e ai giudici e l’impegno in cause lunghe e logoranti. Sono gli strumenti di risoluzione alternativa delle controversie, le cosiddette A.d.r., acronimo inglese di «Alternative dispute resolution», introdotte e adottate negli Stati Uniti ancora negli anni Novanta, e che ora anche la riforma della giustizia introdotta dalla ministra Marta Cartabia punta a incentivare.
Quali sono questi strumenti
Sono la Pratica collaborativa, la Negoziazione assistita, la Mediazione familiare e - indicata quando vi sono minori coinvolti - la Coordinazione genitoriale. Anche a Brescia ci sono avvocati che hanno ricevuto una specifica formazione in materia e che si sono riuniti in associazioni: Associazione italiana professionisti collaborativi, Istituto italiano di diritto collaborativo e negoziazione assistita, Associazione italiana coordinatori genitoriali.
La Pratica collaborativa
Si tratta di uno strumento per risolvere le liti tra partner con accordi condivisi, in tempi più brevi e in modo più economico rispetto al percorso classico di separazione o divorzio davanti ad un giudice. Ad intervenire è un team composto da due avvocati che hanno ricevuto una formazione specifica, psicologi, commercialisti ed esperti di relazioni familiari e facilitatori della comunicazione. «Con questo metodo - spiegano gli avvocati collaborativi - cerchiamo di aiutare le parti in lite ad individuare i loro veri bisogni, a comunicarli per raggiungere un accordo condiviso». Il clima che si crea tra i professionisti è positivo e cooperativo e punta a ridurre le tensioni emotive del conflitto. Si arriva alla stesura di un accordo «tagliato su misura per quella coppia», che può anche riguardare aspetti patrimoniali o societari. Dal 2010 sono state 37 le pratiche collaborative affrontate a Brescia.
La Negoziazione assistita
Si tratta di un accordo con il quale i due partner, con la partecipazione dei rispettivi avvocati, decidono di collaborare - in buona fede e con lealtà - per risolvere in via amichevole una controversia che altrimenti potrebbe diventare oggetto di una causa ordinaria in Tribunale. Si parte da un atto scritto per arrivare ad un accordo stragiudiziale di composizione della lite. La riforma Cartabia punta ad estendere questo istituto anche alle controversie tra genitori relative all’affidamento e al mantenimento dei figli. Il suo utilizzo prevede anche incentivi fiscali.
La Coordinazione genitoriale
In questo caso viene posto al centro il minore. Viene consigliata quando la conflittualità tra i genitori costituisce un rischio evolutivo per i figli. Viene svolta da un professionista abilitato in psicologia, servizio sociale, salute mentale e diritto di famiglia e con una formazione specifica in questo metodo. Il coordinatore previene inutili ricorsi giudiziali e la cronicizzazione del conflitto, dando indicazioni a supporto delle decisioni che padri e madri devono prendere quotidianamente.
La Mediazione familiare
Il mediatore facilita la comunicazione, aiuta la coppia ad abbassare il conflitto e ad iniziare un dialogo costruttivo. E lo fa in uno spazio protetto e neutro, fuori dal giudizio. Gli ex partner riconoscono di non essere più una coppia pur restando una famiglia con responsabilità verso i figli. I genitori imparano nuove tecniche di approccio al conflitto e strategie di comunicazione che, attraverso l'ascolto e il riconoscimento dei bisogni reciproci, garantisce ai figli più stabilità.
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