Se il vigile del fuoco è donna. «Ma qui siamo tutti uguali»

Al Comando di Brescia ci sono sei permanenti a cui si aggiungono una ventina di volontarie che operano sul territorio
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In divisa per passione e per amore. Volontà e capacità al servizio degli altri, sempre e comunque. Perché sono Vigili del Fuoco, prima di essere donne. 

«E in mezzo al fuoco - ribadiscono con fermezza - siamo tutti uguali». 

Alle prese con incendi e calamità per vocazione. E perché hanno dimostrato di avere le carte in regola per superare le prove necessarie a guadagnarsi un posto in squadra. Anche se - parola di Marta - il classico «ma ci sono anche le donne?» è un ritornello costante in ogni missione. Ma proprio lei, Marta Bovi, è l’involontario emblema del girl power che avanza. Trentuno anni, permanente al comando di via Scuole da un anno e mezzo, ha già in tasca due specializzazioni: fa parte del nucleo Speleo Alpino Fluviale, e da circa un mese è fra i primissimi ammessi nell’Usar (Urban Search and Rescue), i pompieri abilitati ad operare sotto le macerie nei casi di emergenza estrema. È risultata fra i primi del suo corso, unica donna in Lombardia.

Nel Bresciano i vigili del fuoco permanenti - professionisti - donne sono sei. E non sono poche. «Più che a Milano, per intenderci» specifica l’ingegner Giovanni Russo, funzionario del comando di via Scuole. Con Marta operano Maria Bruna Mazzoni - primo pompiere donna a Brescia, dove è arrivata nel giugno del 2003 -; Nicoletta Ruspante (qui dal 2011); la bresciana Michela Picchi (entrata in servizio con Marta nel luglio 2014); Claudia Cruciani, che le ha seguite a ruota, e l’ultima arrivata Antonella Maraniello.

Marta, che ha «scoperto» i Vvf in Trentino, dove lavorava come bagnina, ha avuto subito le idee chiare: «Ho capito immediatamente che era quello che volevo fare. Dal 2008 al 2010 ho affrontato le prove del concorso. Che sono uguali per uomini e donne. All’inizio forse non è semplice entrare in un ambiente quasi esclusivamente maschile. Ma quando imparano a conoscerti e capire chi sei la strada è in discesa». «Non ho mai riscontrato problemi - aggiunge -, anche perché personalmente preferisco lavorare con gli uomini. Le persone che aiutiamo? All’inizio, quando vedono una donna, tendono ad esprimere il loro stupore. Ma poi sono prodighe di complimenti».

Sarà perché sono brave? «Eccome se lo sono» puntualizza con orgoglio Carmela Maggio, da ventisei anni negli uffici amministrativi del comando provinciale: «Le nostre ragazze hanno raggiunto punteggi altissimi al concorso, posizionandosi in cima alle graduatorie».

Più circoscritto, ma non meno determinato, il manipolo delle volontarie. Nel Bresciano sono circa il 7% e fra loro ci sono Francesca Parolari e Alessandra Mezzana. La prima ha 39 anni, è di Edolo ed ha alle spalle una lunga attività sulle ambulanze. «Sentivo di poter fare di più - racconta - e così sono diventata anche un pompiere». Francesca è un’autista. «Questo stupisce la gente. Una volta ero capo partenza e sul luogo d’intervento mi hanno chiesto di parlare col capo. Non volevano credere che fossi proprio io». E invece... La 29enne Alessandra, invece, indossa la divisa per amore. Il suo compagno è un pompiere di professione e attraverso i suoi racconti si è innamorata anche della causa. Ha superato le prove ed eccola in divisa. 

E se a loro chiedi di fare un appello per rimpolpare le fila delle donne, la risposta è da applausi: «Servono persone che nutrano reale passione per questo lavoro. Uomo o donna, che importa? Davanti al fuoco siamo tutti uguali».

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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