Se il libro sconfigge l'hashtag
Cosa rimane quando l’hashtag non c’è? Resta il libro. Un amore mai sopito, affievolitosi forse, ma sempre capace di slanci di passione. Tra le mille (o forse più) «domande definitive» che ci si pone almeno una volta all’anno (si stava meglio quando si stava peggio? Era meglio John Lennon o Paul McCartney? Siamo davvero andati sulla Luna?) c’è anche quella relativa al definitivo tramonto della parola scritta, e di conseguenza letta. Tramonto segnato dall’irradiare abbacinante delle luci di display di ogni foggia e dimensione. A volte, nel caso degli e-book, anche per sfogliare virtualmente pixel letterari.
Poi basta girare tra i banchi degli editori delle fiere dedicate al libro (non c’è bisogno di fare nomi, vero, Librixia?) e allora si torna a cambiare prospettiva, sottraendosi alla litania del «mondo che non legge perché impegnato sui social», sostituendovi il rinnovato fervore dei divoratore di volumi. Non si può resistere al fascino seduttivo della carta, delle copertine rilegate, del profumo misto colla-cellulosa. Forse è una questione di contatto, un gioco di sguardi e parole, ma il libro resta un’oasi di felicità incontaminata. Se ne vendono di meno? Pazienza: mica ci occupiamo di marketing, noi cerchiamo le emozioni.
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