Sara: così ho lottato contro il tumore

La storia della giovane mamma di Monticelli e del linfoma di Hodgkin
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In occasione del bilancio sociale di Airc si è scelto di rendere protagonisti i volti della ricerca. Sul sito dell'Associazione italiana ricerca cancro si trovano gli aggiornamenti sulla ricerca. Di seguito la testimonianza raccolta da Anna della Moretta 

«Tenevo stretto il mio bambino di pochi mesi e avrei dato la vita - un paradosso, vero? - pur di rimanere in vita almeno fino ai cinquant’anni per essergli accanto durante la crescita». 

Il dramma di una madre, che ha avuto un figlio da poco quando scopre di avere un linfoma di Hodgkin, è contenuto in quell’abbraccio che ha saputo trasformare la disperazione in forza e le lacrime in sorriso.
Sara oggi ha 36 anni, è sposata ed ha due bambini, uno di dieci ed uno di quattro anni. Proprio quattro anni fa ha iniziato a non sentirsi bene. Una stanchezza e una sonnolenza che non le davano tregua. Decide di andare dal medico, le individuano un linfonodo ascellare e decidono di procedere con l’ago aspirato. Ma la situazione precipita. Racconta: «All’improvviso, non riuscivo più a deglutire: il mio medico di famiglia, a Monticelli Brusati, ha insistito molto affinché mi recassi al Pronto soccorso. L’ho fatto ed ho scoperto, insieme alla malattia, un mondo di persone che sanno curare ed accogliere: anche loro facevano parte della terapia, come i farmaci e le cure cui sono stata sottoposta».

Sara ricorda il momento in cui le è stata fatta un’ecografia al Pronto soccorso dell’Ospedale Civile, ricorda la mano dell’infermiera che le ha accarezzato il volto. Ma anche in Ematologia, dove è stata accolta «con tanta dolcezza».
«Deve essere molto forte», mi dicevano, mentre si davano da fare per velocizzare tutto. «La diagnosi è stata fatta il 23 dicembre 2011 e il 3 gennaio già iniziavo la chemioterapia - ricorda -. In realtà, dopo il primo ciclo, mi sembrava di essere rinata, anche perché non avevo più quei dolori lancinanti provocati dal linfoma. Ovviamente, non era così: ci sono voluti sei mesi di terapie, ma sapevo che da quel momento la mia gara era cominciata e che dovevo arrivare al traguardo». 

A gennaio 2013 Sara riprende a lavorare, come insegnante. La promozione vera, però, è arrivata lo scorso giugno, quando le è stato comunicato che sarebbe stata sottoposta ad un controllo l’anno, anziché uno ogni sei mesi. Guarita. «In ospedale sono stati meravigliosi e fuori ho accolto solo gli sguardi di coraggio e di forza, perché in quei momenti, per continuare a camminare, non serve la compassione».

 

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