Sanpolino alla ricerca di identità e servizi mancanti
Nell’insediamento sorto dieci anni fa «Adesso va meglio». Francesca, barista del Black Out di corso Bazoli con la figlia Simona, non ha dubbi. «Il quartiere, negli anni, è migliorato. Ci si conosce di più, c’è un po’ di movimento, anche con gli stranieri abbiamo imparato a convivere». Restano alcune pecche storiche. «Vorrei più pulizia e polizia, il problema sicurezza è sentito». E poi manca ancora il collegamento di corso Bazoli con via Serenissima, che toglierebbe Sanpolino da una sorta di limbo. Niente traffico di passaggio: «Qui bisogna venirci apposta», commenta Francesca.
L’Amministrazione comunale ha promesso che il collegamento si farà nel 2019. Del resto, Sanpolino è ancora un cantiere aperto dieci anni dopo la nascita. Gaetano è arrivato fra i primi nel 2008. «A me Sanpolino piace», sottolinea. «Purtroppo è sorto nel momento sbagliato, quando è cominciata la crisi». Gli spazi per i negozi e gli uffici sono rimasti vuoti. «Bisogna che il quartiere cresca fino a cinquemila abitanti, allora sarà conveniente aprire attività commerciali».
Oggi, dice, «è un dormitorio. Di giorno restiamo noi vecchi, perché i giovani se vanno al lavoro e tornano la sera». Servizi. Niente farmacia (forse ad aprile con il nuovo bando), medico di base, ufficio postale, market di alimentari, mercato ambulante, fornaio, edicola. Marzio Zizioli, che fa parte del Consiglio di quartiere, elenca le assenze. «Serve anche un’area cani, il posto giusto è il terreno incolto fra le vie Mario Alberti e Leonzio Foresti».
Un’area agricola che, con una petizione firmata da centinaia di cittadini, il Consiglio di quartiere ha chiesto al Comune venga trasformata in parco attrezzato, porta di ingresso del quartiere. «C’è carenza di aree verdi», dice Zizioli. «Nelle vie Alberti e Levi Sandri c’è una pista ciclabile non finita, in via Cerca nord mancano l’illuminazione pubblica e il marciapiede per accedere al sottopasso ferroviario per S. Eufemia, nel Parco dei Popoli mancano recinzione e luce per la sicurezza notturna».
Giuseppe e Caterina sono due volontari del Centro Pampuri. «Ci troviamo bene a Sanpolino, poco a poco gli abitanti imparano a conoscersi». Un’occasione di incontro sono i figli piccoli, importante per un quartiere giovane. Tuttavia, sottolinea Caterina, il processo è molto lento e non c’è ancora un vero senso di comunità.
«Molte persone sono chiuse, sono rimaste legate ai luoghi di provenienza, fanno fatica a staccarsi, si spostano per l’oratorio o per gli acquisti». Eppure i momenti di aggregazione non mancano. «La verità - commentano Caterina e Giuseppe - è che tanti criticano ma non fanno nulla, si disinteressano della vita del quartiere». L’identità è qualcosa che si costruisce con il tempo e la pazienza, integrandosi nel luogo in cui si vive. Daniele, giovane padre di quattro bambini, si «sente» di Sanpolino. «Certo, il quartiere mi piace, ci sono cresciuto. È comodo. Per i miei figli ci sono scuole, giochi, parchi. Cosa manca? Una farmacia e il supermercato». Anche una chiesa cattolica (una ortodossa è in costruzione in via Fiorentini), secondo Ezio. «Rappresenterebbe - dice - un importante riferimento religioso ma anche identitario per la comunità, capace di aggregare». Servono più servizi, c’è molto da migliorare, «tuttavia è un quartiere di bell’impatto. Mi piace vivere qui».
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