Sana, «La giustizia pakistana non sa difendere le donne»
«Dopo l’assoluzione del padre e del fratello di Sana Cheema, la giustizia pakistana è ancora lontana dal concetto di giustizia stessa. Questa cosiddetta giustizia non è in grado di difendere le donne della nazione, non è in grado di difendere i propri cittadini».
Parole dure, quelle pronunciate da Wajahat Abbas Kazmi, giovane blogger pakistano residente in Italia, che commenta l’assoluzione in Pakistan di tutti gli indagati per il delitto di Sana Cheema. «Padri, fratelli, cugini e zii si fanno forza grazie ad una scarsa giustizia presente nel Paese, in un Paese così corrotto dove non è difficile assolvere un imputato in un batter d’occhio. Poche ragazze riescono ad andare in Pakistan dimostrando lo stesso coraggio di Sana disobbedendo, come lei, la famiglia intenta a combinarle il matrimonio con uno sconosciuto».
Il blogger poi fa un parallelo con un’altra vicenda bresciana. «Ricordate della condanna di 20 anni attribuita al padre di Hina Saleem per aver ucciso la propria figlia in Italia? Ecco, la nuova tattica dei padri padrone, con una forma mentis patriarcale e maschilista, è di portare le figlie in vacanza in Pakistan convincendole ad accettare un matrimonio combinato. In caso di dissenso da parte di esse vengono uccise nel loro paese di origine».
Riproduzione riservata © Giornale di Brescia
Iscriviti al canale WhatsApp del GdB e resta aggiornato