Sana: dopo gli arresti, l'autopsia per fare luce sulla sua morte

Arrestati lo zio, il padre e il fratello di Sana Cheema. Domani è prevista l'autopsia, mentre si moltiplicano le richieste di verità e giustizia
Sana Cheema
Sana Cheema
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Dall'iscrizione nel registro degli indagati con l'accusa di omicidio e sepoltura senza autorizzazione, al fermo e ora all'arresto. 

«Lo zio, il padre e il fratello di Sana sono in custodia della polizia locale, è ufficiale», ha detto il segretario della comunità pakistana in Italia Raza Asif parlando del caso della 25enne Sana Cheema morta in patria lo scorso 18 aprile. 

Cittadina italiana aveva lasciato Brescia, dove era cresciuta, a novembre. Non voleva accettare il matrimonio combinato che il padre pensava per lei e per questo sarebbe stata uccisa. Il giudice distrettuale Uzma Chughtai ha accolto la richiesta di autopsia. 

Domattina alle 8.30 il corpo della giovane sarà riesumato e messo a disposizione dei medici che avranno in compito di capire come è morta. Nel frattempo si moltiplicano le richieste di verità e giustizia, mentre resta presidiato dalle forze di polizia il luogo di sepoltura, a Kot Fath, in una zona diversa da quella di Mangowal, dove la famiglia di Sana abita e dove sono stati sepolti i parenti deceduti in passato. 

Oltre a Mustafa Ghulam, il padre 55enne, al fratello Adnan Cheema, non ancora 31 anni, e uno zio, Iqbal Mazhar, è coinvolto anche un cugino di Sana che avrebbe trasportato il cadavere fino al luogo di sepoltura, e il medico che ha firmato il certificato di morte. 

«È stato proprio il medico ad accusare i familiari più stretti della 25enne», fa sapere il segretario della comunità pakistana in Italia che è in stretto contatto con il Pakistan. 

«Ho parlato con le autorità pakistane chiedendo di avere la versione ufficiale: mi hanno confermato i tre arresti», ha spiegato Asif. Padre, zio e fratello, secondo fonti locali nella serata di ieri, quando già non potevano lasciare il Pakistan, avrebbero tentato la fuga verso l'Iran, ma sono stati bloccati. 

La Procura di Brescia ha aperto un'inchiesta, al momento senza ipotesi di reato e neppure indagati, affidata al sostituto procuratore Ambrogio Cassiani che si metterà in contatto con l'Ambasciata italiana ad Islamabad per avere tutta la documentazione sul caso. 

«Non pensavamo potesse sbloccarsi la vicenda», dice un coetaneo e connazionale di Sama. «Senza la pressione dei media non avrebbero mai autorizzato l'autopsia» aggiunge parlando dal quartiere di Fiumicello, dove la ventenne ha vissuto e lavorato fino a pochi mesi fa.

 

 

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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