Risveglio magico, perché santa Lucia è così speciale per i bresciani
L’infanzia di tutti i bresciani ha un suono. È il tintinnio di un campanellino nel buio, che risuona fuori dalla porta di casa e arriva fino ai letti dei bambini, stretti nei piumoni a fingere di dormire. L’arrivo di santa Lucia nella notte tra il 12 e il 13 dicembre è una tradizione che a Brescia è radicata da molto tempo. Da quando la città era parte della Repubblica di Venezia, di cui la martire era protettrice insieme a san Marco, tanto che le sue reliquie riposano proprio nell’ex chiesa di san Geremia nel sestriere di Cannaregio.
Il culto di santa Lucia, che in alcune province sostituisce addirittura Babbo Natale e la Befana, si è diffuso dalla città natale Siracusa fino al Nord Italia: in Lombardia (Bergamo, Brescia, Cremona, Lodi, Mantova e a Bormio in Valtellina); nel Trentino occidentale e in Veneto (Verona). La festa rivive ogni anno anche all’estero: in Slovacchia, in Austria, in Francia e in alcuni paesi scandinavi, dove la santa porta sulla testa una corona con sette candele, simbolo di luce ritrovata, e distribuisce biscotti di panpepato e pagnotte allo zafferano.
Cosa dice la tradizione
Nel Bresciano, la leggenda vuole che nella notte tra il 12 e il 13 dicembre, santa Lucia porti doni e dolciumi ai bambini che «hanno fatto i bravi», mentre lasci carbone a quelli disobbedienti. La lista dei regali desiderati viene preparata in una letterina, scritta dai bambini e affidata ai genitori, che a loro volta si fanno carico di recapitarla alla santa. Nei giorni che precedono il suo arrivo, capita che per le strade o nei corridoi di scuole e ospedali risuoni proprio il campanellino di Lucia, che è sempre accompagnata da un asinello che traina un carretto. La santa, che secondo la credenza è cieca e ha un velo bianco sulla testa, getta cenere negli occhi ai bambini che osano guardarla o che non vanno a dormire.
Nella notte più lunga dell’anno, in ogni casa vengono preparati fieno e farina gialla per l’asinello, accanto a biscotti, latte o arance per santa Lucia. Il mattino del 13 dicembre, i bambini troveranno i piatti vuoti, ma la stanza piena dei regali che hanno tanto desiderato, di caramelle e monete di cioccolato.
Secondo l’Enciclopedia Bresciana di don Antonio Fappani, l’usanza originaria era esporre le scarpe vuote sui davanzali e proprio così era stata descritta dal poeta Cesare Arici, nel 1811: «Costume si è quello de' fanciulli che espongono le loro scarpe sulle finestre nella notte di santa Lucia. È pia credenza nella buona fede de' ragazzi, che quella Santa con certo suo alato asino celeste, svolazzi quella notte su pei balconi delle case e riempia di doni le scarpe che si trovano esposte, di ciambelle, di canditi e di confetti».
Una filastrocca diffusa anche a Brescia, inoltre, recita: «Santa Lucia questa notte, viene giù dalle sue grotte, viene avanti pian pianino, si nasconde nel camino. Ma se sente a brontolare, a far capricci o bisticciare porta via tutti i doni lascia cenere e carbone. E poi monta sopra il tetto, mentre noi andiamo a letto, e nel buio della notte fa ritorno alle sue grotte».
Perché proprio il 13 dicembre
Nel suo blog «Brescia Genealogia», l’esperto Alberto Fossadri spiega che il 13 dicembre era considerato il giorno più corto dell'anno (dunque con la notte più lunga) a causa di errori nel calendario Giuliano che, dopo sedici secoli di utilizzo, aveva generato un erroneo anticipo di una decina di giorni rispetto al vero solstizio d’inverno, che cade il 21 dicembre.
A Brescia, santa Lucia si festeggia dal 1438, quando la città riuscì a resistere ai violenti attacchi del condottiero Niccolò Piccinino. L’assedio ebbe fine proprio il 13 dicembre e, per festeggiare, sul sagrato della basilica di San Pietro de Dom (chiesa di epoca paleocristiana demolita per realizzare il duomo nuovo) furono distribuiti regali per i più piccoli.
Il 13 dicembre, naturalmente, ricorre anche la memoria liturgica della santa, che è protettrice della vista e patrona di ciechi e oculisti. Nella zona di Botticino, Mazzano, Virle e Nuvolera la santa viene da secoli invocata come patrona dei lavoratori delle cave a protezione dalle schegge di pietra. Vicino all'urna che accoglie le sue spoglie a Venezia, invece, decine di fedeli ogni giorno portano ex voto per le grazie ricevute.
La martire e le rappresentazioni nell’arte
Santa Lucia è una martire cristiana, vittima delle persecuzioni dell’imperatore Diocleziano. Nata nel 283 a Siracusa, morì a 21 anni, condannata al martirio con il fuoco e poi pugnalata alla gola. «La tradizione vuole che le fossero cavati gli occhi - si legge sempre nell’Enciclopedia Bresciana -, ma nessuno sa spiegare l’origine di questa versione, se non con l’errata interpretazione delle sue raffigurazioni iconografiche».
Santa Lucia, infatti, viene spesso rappresentata con gli occhi in un piattino, in un vassoio o in una coppa. In realtà, i bulbi simboleggiano la sua capacità di guarire le malattie della vista, anche grazie al significato evocato dal suo nome: Lux, luce.
A Brescia, la martire compare in alcune opere d’arte: nella pala del Moretto (1540) nella chiesa di san Clemente, così come nella pala d’altare della chiesa di sant’Agata a Brescia e nelle due tele del Tortelli (1700) che rappresentano la stabilità e la comunione della santa. A Lucia sono dedicate diverse chiese in provincia: tra queste Pezzo (Ponte di Legno), Ghedi e Corteno Golgi.
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