Rifiuti pericolosi in via Rose: l’ombra del traffico con l’Africa
Su quel piazzale ci sono già dei precedenti. E forse proprio per questo - per quei sigilli che furono apposti nel 2019 - chi gestisce «il giro» ha pensato, archiviata la buriana, di poterla passare liscia due anni e mezzo più tardi. Stesso posto, stesso meccanismo, forse (ma su questo saranno le indagini a fare chiarezza) anche stessa organizzazione.
Il piano sequenza che il team del dipartimento di Brescia dell’Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente (Arpa) e le pattuglie dei Carabinieri si sono trovati davanti: una sfilata di container stracolmi di rifiuti pericolosi che non si esclude fossero pronti per viaggiare per terra e per mare verso l’Africa. Solo che nel 2019 i parallelepipedi di ferro scovati sono stati in tutto una trentina, ieri invece superavano quota cinquanta.
Circondati perdipiù, a loro volta, da cumuli di scarti accatastati al suolo, a formare un deposito di elettrodomestici, batterie, motori integri o semi-smantellati, frattaglie di carrozzeria di ogni tipo.
L’operazione
L’indirizzo porta dritti in via Rose dove, a ridosso della tangenziale Ovest - all’altezza dell’intersezione tra l’uscita che porta il nome della strada e quella che si riannoda a via Rose di Sotto - sta un piazzale sdraiato su un’area di circa 5mila metri quadrati.
È lì, dietro una cancellata malamente nascosta da una rete verde sdrucita, che le squadre hanno trovato oltre 1.500 metri cubi di rifiuti, anche se - specificano dall’Arpa - un conteggio preciso non è ancora disponibile poiché molti dei container erano chiusi. Lo spazio - sulla carta destinato ad un uso artigianale - era del tutto abusivo ed è stato smascherato grazie ai controlli dal cielo eseguiti con i «satelliti-spia» del progetto Savager.
I responsabili, nigeriani, sono stati identificati e denunciati, quindi l’Arpa e i Carabinieri - d’intesa con la Procura di Brescia - hanno posto sotto sequestro lo spiazzo e il suo contenuto: i rifiuti, una volta completate le indagini e i campionamenti, dovranno poi essere smaltiti così come pure l’area (che da una prima verifica sembrerebbe essere stata affittata) dovrà essere ripristinata.
«Questa, ancora una volta, è la dimostrazione di come quando c’è collaborazione tra istituzioni e forze dell’ordine si riescono a contrastare in modo efficace i reati ambientali. Questo spazio - spiega il direttore dell’Agenzia di Brescia, Fabio Cambielli - era sotto osservazione dall’inizio dell’anno attraverso l’acquisizione delle immagini satellitari» per la cui interpretazione è stato fondamentale il lavoro del 6° stormo dell’Aeronautica di Ghedi, guidato dal comandante Giacomo Lacaita.
Il business
In attesa di condurre gli ulteriori approfondimenti, non si esclude un commercio di rottami con l’Africa, in particolare con la Tunisia e alcuni Paesi che si affacciano sull’Oceano Atlantico, come il Senegal, la Nigeria e il Ghana. Un traffico illecito che ricalcherebbe lo schema più «classico»: una volta giunti via nave sulle coste africane, i rifiuti sarebbero stati messi sul mercato nelle stesse condizioni nelle quali si trovano o ricondizionati per poi essere venduti (questo il caso di pc, smartphone, elettrodomestici e batterie). In sostanza i rifiuti vengono raccolti dalle aziende che devono sbarazzarsene, chi gestisce il traffico si fa pagare per lo smaltimento e poi li spedisce altrove, eludendo i controlli doganali.
Un fenomeno, quello del traffico illecito verso l'Africa, che continua a crescere nonostante i sequestri e le denunce. In cifre lo spiegano i dati dell’Agenzia delle Dogane: nel 2020 i rifiuti sequestrati per traffico illecito verso l’estero sono triplicati, passando dalle 2.251 tonnellate del 2019 alle 7.313 tonnellate dei dodici mesi successivi. Perché non solo i profitti per le organizzazioni criminali rappresentano un business assai redditizio, ma anche perchè i rischi sono percepiti come tutto sommato contenuti.InquinamentoLo stato di salute del nostro territorio tra controlli e contromisure
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