Resola, gli ultimi giorni di una libreria
«C'è ancora qualche libro?», chiede un cliente. «C'è da leggere per due secoli», è la risposta.
Fuori si sente il profumo dei meloni del fruttivendolo affiancato alla libreria, le cui vetrine sono coperte dai poster gialli che annunciano la chiusura. «Svendita per cessata attività», libri scontati del 50%. In tempi normali, a pieno regime, gli scaffali di Resola, in corso Garibaldi, in centro a Brescia, ne ospitavano 40mila circa, ora ne sono rimaste alcune migliaia. Fino al 31 luglio sono in vendita, poi se ne andranno come resi, quelli che si possono rendere.
Franco Resola cammina con il sigaro spento tra i banchi, non si fa intervistare e non vuole immagini dall'interno. Così, tutto spoglio, sarebbe un po' patetico. Ma intanto parla, e parla della fine di un mondo, di una chiusura inevitabile. Non ha fatto nemmeno pubblicità per la svendita, ha messo solo un annuncio su Facebook. Solo internet, insomma, che poi è proprio per internet che si chiude. Centri storici in crisi, librerie in crisi. Resistono le catene, anche in altri settori del commercio, o bar e ristoranti. Amazon non ha ancora trovato un modo di farli chiudere, quelli.
Secondo i dati elaborati dall’ufficio studi dell’Associazione italiana editori, tra il 2010 e il 2015 le librerie con singolo negozio in Italia sono passate da 1.115 a 827. Per quanto riguarda le catene, invece, il passaggio è da 786 a 1.047. Sono più strutturate, ma hanno anche un’offerta che non sempre è paragonabile a quella di negozi più piccoli, per selezione e accuratezza. A mettere in crisi il settore è arrivata la vendita online: le vendite su web coprivano nel 2010 il 5,1% del mercato librario, mentre cinque anni dopo arrivavano al 14%.
Poi diciamo anche che gli italiani non sono grandi lettori: l’Istat stimava che nel 2015 il 42% delle persone di 6 anni e più abbia letto almeno un libro nei dodici mesi precedenti, con il 9,1% delle famiglie che non ha alcun libro in casa.
E così a Resola si fanno gli scatoloni, mettendo fine a una storia iniziata nel 1948 con Rino e ora nelle mani di Franco, a fianco del quale lavorano ancora per pochi giorni cinque dipendenti. Un anno fa aveva chiuso la libreria Ancora, in via Tosio, e prima ancora Mondadori in via Mazzini e Benzoni, chi se lo ricorda più? Altre si sono spostate, provando a rivedere e a ampliare l’offerta, come Tarantola e Rinascita, mentre altre tengono duro a fatica. Ma anche catene come Feltrinelli hanno sentito i colpi della crisi, con contratti di solidarietà attivati nel 2013 in 102 negozi della catena.
Per Resola vale anche il problema della crisi del centro storico, che tra corso Garibaldi e corso Mameli ha colpito pesantemente, con decine di vetrine vuote e tentativi ancora in corso di rilancio. Eppure, guardandosi attorno, non c’è mica il deserto. La via è popolata e ai tavolini dei bar si chiacchiera e si beve il caffè. Quello che Amazon ancora non ti porta, mentre dentro la libreria cade l’occhio sulla biografia di Johnny Cash e su una bella copertina di un Dashiel Hammet ancora non letto. Da prendere. Che è poi quella cosa che la libreria ti dà: la casualità dell’incontro con l’opera, la scoperta, il consiglio, senza l’intervento dell’algoritmo e le stelline degli altri utenti. Un posto che ti costringe a tenere gli occhi aperti, come serve appunto per leggere, anche mentre chiude.
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