Rendiconti per disabili, i tutori: «Danneggiati dal nuovo iter»
È una vera e propria levata di scudi quella che le famiglie bresciane di tutori di disabili hanno messo in campo nei confronti delle istituzioni nell’ultimo rovente agosto. Nel mirino è finita l’applicazione della legge 6 del 2004 - che regola e controlla la figura dell’Amministratore di Sostegno - da parte del Tribunale di Brescia e dell’Ordine dei Commercialisti. Il 18 febbraio del 2018 i due organismi, presieduti rispettivamente da Vittorio Masia e da Michele De Tavonatti, hanno siglato una convenzione che prevede il controllo dei rendiconti annuali dei tutori.
Secondo quanto stabilito dalla legge, sono i giudici ad affidare ad ogni tutore un commercialista, incaricato di accertare l’utilizzo trasparente dell’indennità di accompagnamento, circa 800 euro al mese. Sulla base del patrimonio o del reddito lordo annuo, la convenzione stabilisce le fasce di compenso che il tutore deve versare al commercialista: fino a 20mila euro la procedura è gratuita, da 20mila a 100mila è di 50 euro, da 100mila a 500mila il costo è di 100 euro, infine oltre 500mila i tutori devono pagare 200 euro.
Ed è proprio questo iter ad aver scatenato malumori e lamentele da parte delle famiglie, che si dicono «passate al setaccio, senza tener conto delle delicate situazioni che si vanno ad esaminare». Il primo sasso era stato lanciato proprio sulle pagine del Giornale di Brescia. Lo scorso 14 agosto 55 famiglie avevano scritto una lettera aperta che lamentava disagi sulla nuova procedura.
A farsi portavoce di quel malessere è ora Maria Villa Allegri, presidente dell’Anffas onlus di Brescia: «Lo spirito della legge non è questo: una cosa è il sostegno e un’altra è la tutela. Il mondo della disabilità ha caratteristiche diverse che non vengono prese in considerazione. Lo Stato deve occuparsi anche del benessere, delle aspirazioni e dello spirito di autodeterminazione del disabile, non bisogna fare soltanto una valutazione economica».
Non una questione di cifre, insomma, ma un discorso più ampio che abbraccia temi come l’arricchimento umano e sociale della persona diversamente abile. «Abbiamo avuto un incontro con Ats e con il presidente Masia, durante il quale è stata promessa una verifica, restiamo attenti», conclude Allegri.
È il Presidente del Tribunale Vittorio Masia a chiarire che «dal 22 dicembre abbiamo una procedura identica a quelle di Milano e Vicenza. L’importante è che i conti siano controllati; non bisogna infastidirsi, perché su questi temi non si può scherzare. L’alternativa sarebbe stata quella di non controllare: ci sono anche disabili che non hanno familiari e in questo modo si è cercato di tutelare tutti». E proprio Masia, che pure ammette difficoltà con quasi 7mila richieste in giacenza da lavorare a fronte di 4 giudici tutelari, apre alla possibilità di venire incontro ai disagi: «Nella prossima ridiscussione della convenzione proporrò di aumentare la fascia della prima franchigia gratuita passando dagli attuali 20mila euro fino a 50mila».
Sull’eventualità il Presidente dell’Ordine dei dottori commercialisti e degli esperti contabili di Brescia Michele De Tavonatti risponde: «Non abbiamo alcuna preclusione, siamo disponibili a rivedere la convenzione. Dal mio punto di vista posso accettare l’ampliamento della prima fascia da 20mila a 50mila euro, ma non posso sapere se avremo la stessa disponibilità dei commercialisti». Ad aderire alla convenzione, infatti, oggi sono 120 commercialisti bresciani su un totale di 2.200.
«Noi oggi offriamo un’attività di servizio alla comunità - continua De Tavonatti -, in maniera quasi gratuita. Secondo noi il compenso corrisposto è soltanto simbolico, ma se questo è diventato motivo di polemica si può anche pensare che sia il Tribunale a pagare al posto dei tutori». E sulle accuse di una certa severità e insensibilità al momento delle pratiche, De Tavonatti replica in maniera netta: «Già oggi i commercialisti non appliccano parametri stringenti, proprio perché lo spirito è quello di servizio. Sono fratello di una donna disabile: capisco un certo malumore, ma credo che il fatto che ci sia un ente terzo a controllare sia un atto di garanzia».
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