Regionali, FdI punta al sorpasso delle Politiche e a tutti gli «assessorati ministeriali»
Il punto è che, sui territori, vogliono scansare l’idea di un partito in cui i meloniani di stretta osservanza sono visti e raccontati come dei miracolati che vivono di luce riflessa. (Anche) per questo il coordinatore provinciale di Fratelli d'Italia, Diego Zarneri, ripete e scandisce serio: «Queste elezioni per noi sono un’occasione importante e rappresentano un appuntamento di verifica, perché il percorso politico si deve ora trasformare in percorso amministrativo». Il passaggio dalla (ancora breve, temporalmente parlando) prova di governo alla prova del e sul territorio «è fondamentale» e viene sentita e vissuta, tra i militanti bresciani del primo partito nazionale, quasi come l’esame di maturità.
Amministratori
Non a caso la linea è «mantenere la cinghia di trasmissione corta» che, tradotto sul piano delle trattative sulle deleghe assessorili già avviate a livello regionale all’interno del centrodestra, significa: «Fdi in questo momento guida alcuni ministeri, è facile immaginare una squadra che abbia una corrispondenza nelle stesse deleghe regionali» chiarisce Zarneri. E, quindi: turismo, agricoltura, bilancio, «con particolare attenzione a temi centrali come quello della sanità».
Senza dimenticare la vicepresidenza: «Siamo certi che le urne chiariranno bene gli equilibri di coalizione, noi ci presentiamo sapendo di fare la differenza e poi con la forza dei voti costruiremo la squadra del Fontana 2.0 con al centro valori e priorità di Fdi».
La squadra
La squadra schierata «è composta da amministratori, tutte persone competenti e capaci, e vogliamo essere il primo partito anche in Lombardia» palesa l’on. Cristina Almici.
La sfida se la giocano con la capolista Barbara Mazzali (consigliere regionale uscente, manager e imprenditrice impegnata per la riforma del Terzo settore); Giommaria Bonazzi (classe 1995, il più giovane della lista, presidente del circolo «Sergio Ramelli», capogruppo a Muscoline e coordinatore dell’associazione Nazione Futura); Laura Magli (vicesindaco e assessore ai Servizi sociali a Orzinuovi, farmacista); l’ex leghista Giorgio Bontempi (sindaco di Agnosine da tre mandati, già assessore a Economia, lavoro e formazione in Provincia, presidente della Fondazione Lgh); Silvia Razzi (già assessore provinciale a Turismo e cultura, ex vicesindaco a Puegnago); Carlo Bravo (operaio specializzato ora in pensione, presidente regionale dell’Associazione cacciatori lombardi, ex consigliere a Sarezzo e consigliere della Comunità Montana Valle Trompia); Emma Soncini (imprenditrice agricola e immobiliare, già consigliere comunale a Provaglio d’Iseo, vicepresidente della Fondazione Pio Istituto Pavoni); Paolo Inselvini (classe 1994, ex consigliere comunale a Castegnato ed ex coordinatore cittadino di Fdi, presidente di Gioventù Nazionale Lombardia); Maria Teresa Vivaldini (sindaco di Pavone Mella da due mandati ed ex assessore provinciale ai Lavori pubblici, finora nome di punta di «Noi moderati») e Diego Invernici (laurea in Economia e commercio, tra i fondatori di Fdi, già sindaco di Pisogne e già assessore della Comunità Montana del Sebino, oggi vicepresidente del Cda della Società navigazione lago d’Iseo).
Doppiare la Lega
La responsabilità di dimostrare che il partito lombardo e quello territoriale sono saldi, al di là del successo ascritto alla leadership di Meloni, la base bresciana la sente tutta. E si cristallizza nelle parole rubate alla spicciolata a Diego Invernici, che dice: «Non dobbiamo dare nulla per scontato: tutti i militanti devono fare una campagna elettorale con la stessa mentalità che avevamo quando il partito era al 3 per cento. Anzi: dobbiamo pensare di essere ancora al 3 per cento e camminare i territori».
Qualcuno taccia questa visione come estrema, altri come concreta, in entrambi i casi i Fratelli d’Italia sono in ansia da prestazione. Doppia prestazione, per la precisione: quella con loro stessi («l’obiettivo è superare il risultato delle Politiche» esplicita Zarneri) e quella con gli alleati leghisti. Che il partito di Giorgia Meloni spera di doppiare alle urne. Sarebbe una rivincita non da poco per una forza politica rimasta per anni incastrata nella coreografia della forza minoritaria, in alcuni casi considerata come quasi accessoria e ancora oggi emozionata di essersi posizionata al primo posto.
E infatti le parole del senatore Gianpietro Maffoni sono intarsiate da una venatura di commozione: «Siamo nati nel novembre 2012 e il primo appuntamento è stato proprio quello delle Regionali: facemmo fatica a redigere la lista». Giorgia Meloni in quel momento ha 35 anni, è appena stata la ministra più giovane di sempre. Decide per l’azzardo: fa la scissione, il suo compagno di viaggio è Guido Crosetto. Discutono a lungo sul nome con cui battezzare la nuova compagine. Sta per passare Figli d’Italia, ma rischia di prestarsi a schernimenti ed equivoci, per un attimo si pensa a «Noi italiani», poi scatta la scelta definitiva: meglio Fratelli d’Italia, come l’Inno di Mameli. Quell’anno «Giorgia» apre il suo profilo Instagram. Oggi ha 1,4 milioni di follower. E il partito bresciano, attraverso Zarneri, declama: «A distanza di mesi dall’insediamento del governo siamo convinti che i bresciani, attraverso le urne, ci daranno la forza per poi fare valere subito tutto il nostro peso all’interno della Giunta futura». La Lega è avvisata.
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