Qurinale: con Napolitano primo bis al Colle
Giorgio Napolitano è il primo presidente della Repubblica in carica ad essere rieletto al Quirinale. Alla scadenza di ogni settennato, l’idea di lasciare sul Colle più alto l’inquilino di turno si è sempre manifestata; eppure il ’bis’ al Quirinale fino ad ora non era riuscito mai a nessuno.
La Costituzione non impedisce la rielezione del presidente della Repubblica. Eppure, alla fine nessuno ha fatto due mandati. Colpa probabilmente della lunghezza del mandato previsto dalla Carta per il Capo dello Stato: quattordici anni con lo stesso presidente sono stati considerati come un periodo lungo, forse troppo lungo per essere realizzabile. Tuttavia, ciò non toglie che, a partire dal primo capo dello Stato Enrico De Nicola, quasi tutti i presidenti della storia della Repubblica italiana sono stati contagiati, o quantomeno sfiorati dal virus del settennato-bis. L’opzione della riconferma è stata immancabilmente presa in considerazione dai partiti, specie di fronte al consueto avvitamento dei veti incrociati che si verifica a ridosso delle votazioni.
Accadde, per esempio, con il settennato di Sandro Pertini. I tifosi del presidente partigiano, puntando sulla sua popolarità nell’opinione pubblica, gli chiesero esplicitamente di farsi rieleggere. Proprio di recente è stato ritrovato un biglietto di Pertini alla moglie Carla Voltolina, in cui il presidente la rassicurava che non sarebbe rimasta per un altro lungo periodo al Quirinale. Già sette anni, scriveva Pertini, sono un periodo «notevole». E dopo aver ricordato che mai nessun presidente era stato riconfermato, concludeva: «Non esiste quindi una mia candidatura per il prossimo settennato».
Aggiungendo un ’post scriptum’ firmato «Sandricco», che mostra come Pertini fosse un marito innamorato: «Ti voglio tanto bene, Carla, anche perchè senti come sento io».
Sette anni più tardi, nel 1992, fu la volta di Francesco Cossiga, che pure si era dimesso prima della fine del mandato. Questa volta, però, era il presidente picconatore che avrebbe fatto volentieri il bis. Le forze politiche erano in gran parte contrarie e l’avversione dei suoi colleghi democristiani non resero mai praticabile il progetto. «Se la casa brucerà, mi improvviserò anche pompiere», disse Cossiga, scherzando ma non troppo, nei giorni che precedettero l’elezione di Scalfaro.
Diversamente da Cossiga, Scalfaro non si fece mai illusioni. Sapeva bene che non avrebbe mai incassato i voti della Casa delle libertà: Berlusconi, Fini e Casini non gli avrebbero mai perdonato il mancato scioglimento delle Camere alla fine del primo governo Berlusconi con il «ribaltone» che ne seguì.
Carlo Azeglio Ciampi, nel 2006, fu invece sondato da più parti per un per un bis al Colle. Ma risolse la questione con una nota ufficiale. «Nessuno dei precedenti nove presidenti della Repubblica - scriveva Ciampi - è stato rieletto. Ritengo che questa sia divenuta una consuetudine significativa. È bene non infrangerla. A mio avviso, il rinnovo di un mandato lungo, quale è quello settennale, mal si confà alle caratteristiche proprie della forma repubblicana del nostro Stato». Eppure il bis di Ciampi era caldeggiato dal partito di Berlusconi, e la sua ricandidatura aveva ricevuto il sì convinto anche dell’Unione di Romano Prodi.
Le pressioni su Napolitano per un settennato-bis ci sono da un pezzo, e lui le ha sempre respinte. Lo scorso 21 marzo ha fatto diffondere anche lui una nota ufficiale per dire che la sua candidatura non è «ipotizzabile», continuando a dire ai cronisti che non aveva nessuna intenzione di restare al Quirinale. Ma alla fine, a rompere per primo la lunga consuetudine è stato proprio lui.
Riproduzione riservata © Giornale di Brescia
Iscriviti al canale WhatsApp del GdB e resta aggiornato