Quel «canto» composto dal poeta che fu testimone della strage di piazza Loggia
Turi Volanti era un artista siciliano. Scultore, pittore, autore di poesie. Quel terribile 28 maggio 1974 aveva 43 anni e si trovava in piazza della Loggia. Aveva aderito alla manifestazione antifascista alla quale da intellettuale aveva voluto dare il proprio contributo. Quello che accadde segnò anche la sua vita, tanto che nella sua biografia, fino alla scomparsa, sopraggiunta nel 2018, non mancava di qualificarsi come testimone della strage.
Quasi un'urgenza di assicurare la memoria di un fatto tanto atroce, alla quale fin dalle prime ore aveva cercato di dare voce. Lo aveva fatto ricorrendo ai versi di quello che intitolò «Canto di maggio del giorno ventotto millenovecentosettantaquattro». Una poesia scritta con l'impeto dell'immediatezza, datata 2 giugno 1974. Solo otto giorni dopo l'esplosione della bomba.
Ai versi affidava un messaggio di speranza, invitando i giovani, anzitutto, ad andare oltre la rabbia. Ribadiva - con parole che sembrano quelle di chi guarda già da un tempo pacificato - che la libertà non può essere uccisa e che da pioggia e rabbia di quel 28 maggio di 49 anni fa poteva sorgere un futuro nuovo.
Quella poesia - alla quale accompagnò anche un'acquaforte, prodotta in tiratura limitata, la stessa che proponiamo qui sopra. La poesia stessa - racconta chi conobbe da vicino Turi Volanti - ebbe circolazione limitata. Oggi, a quasi mezzo secolo, quei versi - che i lettori trovano di seguito - sanno ancora parlare alla città ferita, ma mai piegata.
Canto di maggio del giorno ventotto millenovecentosettantaquattro
I
Il giorno dopo
portai una rosa rossa
in Piazza della Loggia.
Il giorno dopo
nessuno dimentichi.
È stato di maggio
e anche i poeti lo sanno.
Lo sanno i ragazzi
che portarono ghirlande
e rossi cesti di rose
per spegnere i bracieri
scavati dai neri zolfi.
Il giorno dopo
nessuno dimentichi
l'odore acido della pioggia
e i gerani delle vene
che s'aprirono ardenti
al volo dei colombi;
e la pietà venduta
dai vili alla morte
come per un gioco
pirotecnico del sangue.
Ed ora la città
ha un pianto e una voce
nella pioggia che batte
sul fuoco del selciato
II
Non piangete ragazze,
chiudete i fazzoletti
e portate via le bende
e i drappi
e i bianchi sudari,
e inchiodate gli orologi
su tutti i campanili.
Non affondate, ragazzi,
le unghia sui muri.
Masticate l'oceano di rabbia
che sale dalla piazza
ai balconi spalancati
con la chewing-gum
e i garofani Rossi.
Non piangete ragazze,
venite con i vessilli
e le campane del cuore:
la libertà non s’uccide sui campi di Caino
né si vende ai mercati del terrore.
La libertà non è morta.
È viva come negli occhi
che si chiusero
agli occhi dei vivi.
Ma la città ha sempre
quel pianto e quella voce
della pioggia che batte
sul fuoco del selciato.
Turi Volanti
Brescia, 2 giugno 1974
Riproduzione riservata © Giornale di Brescia
Iscriviti al canale WhatsApp del GdB e resta aggiornato