«Quegli sguardi capaci di curare e rassicurare»
Cercarsi, incontrarsi, trasmettere sicurezza soltanto con gli occhi. L’unico veicolo, quando ogni altra parte del corpo è coperta da tute, mascherine, visiere che non consentono di comunicare se non, appunto, attraverso uno sguardo. Proprio negli sguardi dei tanti infermieri, medici, operatori che si sono prodigati senza sosta nei mesi più duri dell’epidemia di Covid-19, è racchiusa l’essenza del «prendersi cura» dell’altro.
Il dottor Giuseppe Milesi, medico della Unità operativa di Cardiologia degli Spedali Civili di Brescia, con la passione per la fotografia, come molti suoi colleghi si è trovato improvvisamente catapultato in una nuova e difficilissima realtà: la cura dei pazienti cardiopatici affetti da coronavirus. Dopo il disorientamento iniziale, ha deciso di estrarre la sua fotocamera per raccontare la storia di medici e infermieri in azione, nel segno della speranza e dell’umanità.
Ne è nata una galleria di 16 bellissimi scatti, dal titolo «La cura in uno sguardo», dove a parlare sono veramente le espressioni degli occhi, più eloquenti di molte parole. «È stata un’esperienza più sofferta di quanto non possa sembrare dalle immagini - ricorda il dott. Milesi, che è stato a sua volta in quarantena dopo essere entrato in contatto, il 3 marzo, con un paziente positivo -. Al principio eravamo tutti spaventati e choccati da quello che accadeva intorno a noi, dalle tante scene tragiche e strazianti. Un po’ alla volta, però, si è creato qualcosa di speciale: un’unione forte, che ha cancellato la paura, trasmettendoci la voglia di prendersi davvero cura dei pazienti, di aiutarli, di guarirli; ciò ha generato affetto, empatia, amicizia vera verso di loro. È diventato come se curassimo i nostri fratelli, i nostri genitori, i nostri nonni».
Milesi, che condivide la sua attitudine per il «clic» con l’associazione Focus Photo Club di Ospitaletto di cui è membro, ha deciso di immortalare con una sola inquadratura moltiplicata per i volti di tanti medici, infermieri, ausiliari, quei momenti così dolorosi. «Ci siamo accorti di quanto fosse importante la nostra presenza per i malati, che erano isolati e non potevano parlare con nessuno; spesso sedati, intubati o con ventilatori meccanici - riferisce il cardiologo -. Perciò ho chiesto ai miei colleghi di guardare nell’obiettivo e di pensare ai pazienti che stavano curando. Ho scattato dei close-up che, con mio stupore, non mostravano paura o disperazione, ma risultavano combattivi, fiduciosi, empatici. Mi hanno fatto ricordare che curare un paziente significa prima di tutto prendersi cura di lui».
«Sono stati - conclude il medico - mesi molto difficili, che hanno segnato e cambiato le persone. Qualcosa di positivo c’è: si è tornati ad un rapporto più umano, tra il personale e con i pazienti». Il progetto del dott. Milesi ha riscosso l’attenzione della Fiaf (Federazione italiana associazioni fotografiche), che ha pubblicato gli scatti online: entreranno a far parte di una mostra e un libro, che saranno presentati al congresso nazionale nel giugno del prossimo anno.
Proprio al personale sanitario che ha affrontato la pandemia in tutta la sua durezza, professionale e psicologica, è rivolta l'iniziativa promossa da Giornale di Brescia e IntesaSanPaolo «Cuori in prima linea»: abbonamenti trimestrali gratuiti al GdB in versione Digital e la possibilità di raccontare le storie vissute durante la pandemia per farne un prezioso patrimonio di testimonianze da preservare. Le storie possono essere inviate all'indirizzo cuorinprimalinea@giornaledibrescia.it.
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