«Quando visitai Los Alamos, la città laboratorio di Oppenheimer»
In mezzo, ci sono 34 anni. Il ricordo, però, è vividissimo. Rolando Giambelli, fotografo bresciano, nel 1989 volò negli Stati Uniti per realizzare un reportage per il Giornale di Brescia nella base Sac (Strategic Air Command) di Omaha, in Nebraska. L’obiettivo era esplorare quella che, all’epoca, era una struttura operativa della Air Force, e custodiva parte dell’arsenale nucleare americano Usa. «In occasione di quel viaggio - racconta - decisi di fare tappa nel deserto del New Mexico, nel villaggio di Los Alamos, dove nel 1943 fu studiata e progettata la prima bomba atomica».
E mai Giambelli avrebbe pensato, oltre tre decenni dopo, di rivedere quei paesaggi sul grande schermo del cinema nel film «Oppenheimer», diretto da Christopher Nolan e destinato a essere ricordato come un successo planetario. «Alla fine degli anni ’80 andai lì perché volevo respirare l’adrenalina e il fascino di cui quel luogo era impregnato. Pochi giorni fa, dalla poltrona di una multisala, ho rivissuto gli stessi brividi». Merito di certo non solo della potenza della storia dello scienziato Robert Oppenheimer - che in quella città costruita da zero in tempi record diede vita al Progetto Manhattan e a una comunità scientifica con le menti più brillanti dell’epoca - ma anche della fotografia magistrale del lungometraggio. «È stato un tuffo nel passato. Un passato tremendamente attuale».
Camminando nella storia
Oggi il sito di Los Alamos fa parte del Manhattan Project National Historic Park, che custodisce e promuove la conoscenza di questa pagina della storia americana. «Per questo - prosegue il fotografo - mi era sembrato doveroso visitarlo prima di entrare in una base come Omaha. Un’esperienza importante per meditare e riflettere su quel gruppo di "apprendisti stregoni", impegnati a battere sul tempo i tedeschi nella realizzazione dell’ordigno più micidiale di tutti i tempi, forse senza avere del tutto la percezione di cosa avrebbero innescato con il loro genio e la loro ricerca». Nel 1989 Giambelli ebbe la possibilità di visitare il museo di Los Alamos e toccare con mano «con una certa angoscia» le copie delle due bombe atomiche, Little Boy e Fat Man, sganciate rispettivamente su Hiroshima e Nagasaki nell'agosto del 1945. «Fu impressionante».
Nella base strategica dell'Air Force
A distanza di poche ore, entrare in una base militare dove i B52 decollavano e atterravano di continuo ebbe un sapore diverso: «Era agosto e il presidente George H.W. Bush aveva da poco sospeso i voli strategici permanenti. Mi sentii minuscolo al cospetto di quei giganteschi e micidiali aerei da guerra parcheggiati fuori dagli hangar. Mi misi alla cloche di uno di quei colossi con inquietudine, consapevole del carico contenuto nella sua enorme pancia».
A pochi passi, c’era anche la «stanza dei bottoni»: «Osservai in silenzio le postazioni di lancio dove bastava ricevere un ordine attraverso il fatidico telefono rosso. Sapevo di trovarmi in uno di quei luoghi in cui il confine tra ciò che è giusto e ciò che è sbagliato è molto sottile». La stessa sensazione trasmessa dal film di Nolan, che non si può certo ridurre a semplice biopic: «Sono tre ore intense e significative, una lezione di storia da vedere, che fa pensare».
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