Quando Karl Lagerfeld lavorava con una sartoria di Rezzato

La giornalista del GdB Francesca Zani ricorda i tre incontri con l'imperatore della moda, scomparso nei giorni scorsi
Lo stilista Karl Lagerfeld, direttore creativo di Chanel - Foto Ansa
Lo stilista Karl Lagerfeld, direttore creativo di Chanel - Foto Ansa
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Lo stilista tedesco Karl Otto Lagerfeld si è spento nei giorni scorsi nell’ospedale americano di Neully, alle porte di Parigi. Era il direttore creativo di Chanel dal 1983 (ora gli succede Virginie Viard) e per anni ha diretto la maison Fendi. Ha vestito molte personalità di fama internazionale, fra cui Madonna e Kylie Minogue. Uno degli stilisti più emblematici e carismatici del nostro tempo.

Parlo ancora al presente perché gli uomini geniali non scompaiono veramente mai, rimane di loro ciò che hanno fatto. Lagerfeld è mancato a Parigi all’età di 85 anni, o almeno si presume che fosse così, vista la difficoltà di stabilire la sua esatta data di nascita, avvenuta ad Amburgo, pare il 10 settembre del 1933. Nella sua lunga carriera di stilista e di uomo di grande ed eclettica cultura - era bravissimo dietro la macchina fotografica, e curava personalmente le sue campagne pubblicitarie - è sempre stato uno spirito libero dai lacci e lacciuoli dettati dallo star system della moda, ha sempre avuto il coraggio di scegliere ciò che più gli piaceva, anche di collaborare con colossi del low cost, lui anima creativa e insostituibile della maison Chanel dal 1983, di Fendi con cui aveva un contratto a vita e prima ancora di Cloè. Lo aveva fatto con H&M firmando nel 2001 una collezione a edizione limitata andata letteralmente a ruba, come con Hogan apponendo la sua firma su quattro collezioni, ma anche lanciando una sua personale collezione casual uomo-donna, K Karl Lagerfeld, che includeva T-shirt e blue jeans.

Un Kaiser che non disdegnava le piccole realtà locali per lanciare alcune sue collezioni, anzi amava l’artigianalità che poteva portare nelle sue collezioni un ulteriore valore.

Lo sa bene chi scrive e ricorda perfettamente tre incontri con l’«imperatore» nei primi anni ’80, quando, famosissimo in Francia e in Italia soprattutto per le creazioni donna, volle allestire una collezione uomo con il suo marchio, scegliendo e coinvolgendo un pool di aziende italiane dislocate fra la Toscana, l’Emilia e la Lombardia - nella fattispecie a Rezzato, nell’allora ditta Bignami Confezioni, produttore di abbigliamento da uomo.

Tre incontri indimenticabili per me, appassionata di moda giovanissima e alle prime armi, che quasi subito aveva avuto l’onore di vedere al lavoro uno degli uomini più carismatici di quel mondo. Ricordo la sicurezza e la decisione delle scelte stilistiche proposte con disegni fatti di suo pugno, e via via che si definivano i particolari della collezione, se necessario correggeva con tratti precisi e nervosi, anche se la sua persona dichiarava un’assoluta imperturbabilità.

Il look era già quello con il quale aveva creato il suo personaggio, total black, codina, camicie candide con il collo alto e l’immancabile ventaglio, allora non aveva ancora il vezzo degli occhiali scuri ed aveva una figura più imponente di quella che aveva conquistato perdendo 40 chili con una dieta ferrea, durata poco più di un anno. Come non ammirare il suo precorrere i tempi, capacità unica e geniale di chi possiede una dote innata, proponendo tessuti che sarebbero all’avanguardia ancora adesso, mani leggerissime quando la moda di allora imponeva tessuti più pesanti, oppure finissaggi spalmati quando lo spalmato sarebbe stato proposto solo anni dopo, colori che nessuno allora avrebbe osato presentare in una collezione maschile, eppure lui era lì a dire a noi attoniti e chiusi nei nostri stereotipi, che la Moda con la maiuscola era quella.

Ho avuto la medesima impressione - quella di trovarmi davanti ad un gigante dello stile - in tutte le occasioni di incontro, in particolare in un grande albergo milanese, alla presentazione di quelle collezioni di cui lui aveva curato tutto. Nel corso di tale presentazione, oltre a seguire ogni dettaglio della sfilata in modo maniacale, si era concesso agli invitati stringendo la mano ad ognuno, per la prima volta con un tratto cordiale, lasciando trasparire che anche un grande come lui aveva le sue ansie da prestazione.

Le collezioni, come molte volte accade, non ebbero subito il successo desiderato; ancora oggi penso che il suo stile era troppo contemporaneo per la nostra comprensione. Il compito di Virginie Viard, sua storica collaboratrice nella maison Chanel, ora non sarà facile: lui rimane e rimarrà l’unico vero imperatore della moda.

 

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