Qualità dell'aria a Brescia, ecco cosa dice lo studio di UniBs
Aria malata sì. Ma in miglioramento costante da 15 anni ad oggi. Con un dato ulteriore che fa ben sperare: la mortalità legata all’inquinamento atmosferico è in continua diminuzione, così come in crescita è invece l’aspettativa di vita.
Eppure c’è ancora molto da fare per garantire standard minimi di sicurezza per la salute dei cittadini. A dirlo è lo studio sulla «Qualità dell’aria nel bacino padano e nel territorio bresciano» condotto dall’Università degli Studi di Brescia – Dipartimenti di Ingegneria e Sanità pubblica – e promosso dal gruppo A2A Ambiente e Ramet, società consortile per le ricerche ambientali per la metallurgia.
La ricerca, durata 4 anni, si è concentrata sulla valutazione dell’inquinamento atmosferico e l’analisi delle varie fonti emissive, quali traffico veicolare, industrie e agricoltura; individuazioni di soluzioni e azioni efficaci per la riduzione dell’inquinamento e valutazione sugli effetti per la salute dei principali inquinanti atmosferici. Uno studio che pone della basi scientifiche certe, che dovrebbero mettere tutti d’accordo almeno sullo stato dell’arte da cui partire per affrontare i problemi.
Il principale fattore di inquinamento ambientale in Lombardia e a Brescia è il riscaldamento domestico, seguito dal traffico veicolare, dalle attività industriali e dall’agricoltura. Che l’aria sia pessima è testimoniato dai livelli di polveri sottili presenti in atmosfera: Brescia nel 2019 ha già sforato per 36 giorni i 50 microgrammi di Pm10 per metro cubo di aria, e quindi superato il limite annuo di 35 giorni imposto dall'Unione europea. Lo studio offre alle istituzioni un modello matematico, una vera e propria equazione, definita Politica E, per ridurre l’inquinamento atmosferico al costo di 40 milioni di euro all’anno per dieci anni.
E il termoutilizzatore? Stando ai risultati dello studio l’impatto del TU sull’aria della città è dello 0,2% e concorre ad abbattere drasticamente l'incidenza del riscaldamento domestico che è invece la prima, pari al 23%.
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