Processo Shalom, «Sei giornalista? Allora vattene»

Udienza a porte chiuse nel processo relativo ai presunti maltrattamenti nella comunità di Palazzolo, ma solo per i cronisti
L'ingresso del Tribunale di Brescia - Foto © www.giornaledibrescia.it
L'ingresso del Tribunale di Brescia - Foto © www.giornaledibrescia.it
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Caro giudice, spieghi il perché di quest'udienza a porte chiuse. Chiuse solo per la stampa. Chiunque poteva assistere alla deposizione di suor Rosalina e ascoltare la sua verità (peraltro pienamente abbracciata dall'accusa che ne ha poi chiesto l'assoluzione) ma i giornalisti no. Loro sono stati allontanati.

Avvocati, assistenti e pubblico invece, liberi di stare dentro, ascoltare, prendere appunti, addirittura registrare. Nell'allontanarci dall'aula, lei ha fatto generico riferimento ad "un patto" con l'imputata perché «altrimenti non si sarebbe presentata in aula». Richiesta legittima, quella di suor Rosalina. Illegittima invece la sua scelta di dividere i presenti in graditi e sgraditi.

Dove gli sgraditi sono i giornalisti. Stravagante interpretazione, la sua, dell’articolo 472 del codice di procedura penale che elenca i casi in cui si procede a porte chiuse. In ogni caso chiuse per tutti. Lei avrà rispettato il suo «patto», ma si è dimenticato l'articolo 21 della Costituzione sulla libertà di stampa.

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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