Premio Bulloni 2023, suor Bruna Pasotti gioia per i poveri
Suor Bruna Pasotti è tornata a Brescia in ottobre, dopo una vita intera nelle missioni. E ora «ringrazio con tutto il cuore il Signore per avermi scelta e per avermi mandata in Burundi». Ricorda con tantissimo affetto e nostalgia i suoi «fratelli e amici barundi», è fiera di ciò che ha contribuito a lasciare alla chiesa e alle congregazioni locali, però «chi verrà dopo, farà meglio»: a lei la Medaglia d’Oro del Premio Bulloni.
Una vita, la sua, «dedicata interamente ai giovani africani, ai più poveri e ai più sfortunati tra loro»: così si legge nella sua biografia. Lei, classe 1944, si dice «alquanto sorpresa del riconoscimento: non mi sembra di meritarlo. Quel poco che ho potuto realizzare in sintonia con la mia comunità di Rwarangabo l’ho fatto con gioia: era mio dovere come suora missionaria marista, e ho colto il grido d’aiuto di quei giovani. Restando a lungo tra loro, ho avvertito il loro bisogno, il loro desiderio insistente di imparare. Data la situazione socio-politica del loro Paese, ormai da anni vedevano morire la speranza in una vita migliore».
In situazioni del genere, una pacca sulla spalla non basta di certo. E suor Bruna se n’è inventate molte. In Burundi ha diretto scuole pubbliche, fondato foyer missionari che hanno dato istruzione e lavoro a centinaia di ragazze e ragazzi burundesi, ha soccorso moltissimi di loro: sia quando gravi malattie richiedevano cure in Europa, sia quando, disabili, erano alla ricerca di un lavoro che desse loro riscatto e dignità. I poveri, le famiglie in difficoltà, l’assistenza agli orfani, alle studentesse universitarie.
Lei racconta del forno a legna, che con grandissimo rammarico ha dovuto chiudere negli ultimi anni per i pesanti rincari sulle materie prime imposti dal governo: «Con i miei ragazzi lo abbiamo costruito e preparavamo pane, biscotti, amandazi (che sono una specie di bignè) e la buillie, una bevanda energetica composta da farina di fagioli, arachidi e zucchero, molto nutriente per i malati resi fragili dalla denutrizione». Poi, la scuola di taglio e cucito per le ragazze e le giovani mamme della parrocchia: «Vedesse la gioia con cui affrontano la maternità quelle giovani». Ma anche una «squadra di calcio: era amatissima da tutta la popolazione. Anche le donne più anziane venivano a vederla giocare. Lo sport è un fondamentale strumento, forse l’unico, per unire i gruppi etnici». Per suor Bruna, è vero: «C’è più gioia a dare che a ricevere, ma nella mia lunga esperienza missionaria ho avuto l’uno e l’altro».@I bresciani siamo noi
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