Pochi alloggi e a costi troppo alti: i problemi con gli affitti a Brescia
Mission (quasi) impossible. A Brescia trovare un alloggio in affitto a prezzi ragionevoli è sempre più difficile. I canoni salgono, mentre l’offerta precipita.
Sul mercato ci sono meno di centocinquanta abitazioni a fronte di una domanda che si moltiplica da parte di giovani, nuove coppie, studenti, lavoratori di recente assunzione. Il risultato negativo somma i disagi personali e i costi sociali, a partire dal traffico pendolare di chi non trova casa in città. Sono 103mila le persone (78mila provenienti dalla provincia) che ogni giorno entrano a Brescia, in massima parte con l’automobile. Significa ore perse e inquinamento dell’aria. D’altra parte, è diminuita anche l’offerta di abitazioni in vendita, anche in questo caso con un costante (anche se leggero) aumento del costo medio.
Sono alcune delle notizie che emergono dallo studio di Cresme (Centro ricerche economiche, sociologiche e di mercato nell’edilizia) condotto per conto di Campus Edilizia Brescia nell’ambito del Progetto Ascolto. È un’indagine commissionata dal sistema bresciano delle costruzioni per conoscere gli aspetti sociali ed economici del capoluogo attraverso l’ascolto dei vari portatori di interesse. I dati, le analisi, la foto della situazione attuale, le osservazioni e le prospettive confluiranno in un dossier che sarà presentato nelle prossime settimane.Intanto, c’è l’anticipazione che riguarda un importante aspetto che condiziona lo sviluppo di una città: la questione abitativa. Brescia soffre (al pari delle altre città: ma non è un mezzo gaudio). «La domanda abitativa non trova risposta praticamente ovunque», conferma l’architetto Lorenzo Bellicini, direttore del Cresme. I numeri fotografano bene la situazione. Nel primo semestre del 2015 il mercato offriva in locazione 1.172 alloggi (punta massima nel decennio 2014-2023): siamo precipitati a 147 (dato di luglio). Un tracollo progressivo con il record del primo semestre 2022, quando erano disponibili solo 98 case.
Com'è cambiata l'offerta negli anni
C’era stata una leggera risalita dell’offerta tra il 2020 e il 2021 complice il lockdown: l’impossibilità di visitate le abitazioni in offerta, la sospensione degli sfratti e dei rilasci di alloggi a fine contratto, la contrazione degli affitti brevi legati al turismo e agli affari. Tuttavia, si è trattato di un fenomeno effimero e nel giro di un anno la tendenza ha ripreso il verso precedente.
Dunque, poche case e care. L’ulteriore difficoltà è rappresentata dai prezzi degli affitti, in costante crescita. Fra il 2014 e il 2019 il prezzo medio è oscillato fra i 7,2 e i 7,9 euro al mese per metro quadrato; poi è iniziata l’ascesa, più accentuata dal 2021. Oggi siamo a 11,1 euro con un incremento del 15% rispetto a un anno fa. Rispetto al 2014 il balzo è di oltre il 54%. Da aggiungere all’impennata del costo della vita, mentre i salari sono invariati.
«I dati sul lavoro a Brescia - sottolinea il Cresme - ci dicono che c’è una forte domanda e che le imprese non trovano il 49% dei lavoratori cercati. D’altra parte, molte persone che compongono il 51% dei nuovi lavoratori provengono da fuori città». Di recente numerose aziende piccole e grandi (dall’Iveco a Poste Italiane) hanno assunto personale. «Parliamo di oltre un migliaio di persone - sottolinea lo studio del Cresme - che necessitano di un alloggio, preferibilmente in città». L’inflazione e i tassi di interesse in crescita non favoriscono certo le possibilità di acquisto. Si ripiega sull’affitto, invano. Intendiamoci, in città ci sono molte abitazioni sfitte, ma per ora i proprietari (soprattutto quelli piccoli) preferiscono che restino tali.
C’è anche il peso, ormai rilevante, degli affitti brevi. Il problema, dunque, è complesso. Le fasce medio-basse, i giovani, le nuove coppie sono le fasce più svantaggiate.
Una nuova politica abitativa
Serve una nuova politica abitativa, commenta Lorenzo Bellicini. «Il settore pubblico deve pensare ad incentivare l’edilizia sovvenzionata». Case popolari, con affitto basso. Ma le risorse sono scarse (e il Pnrr si esaurisce nel 2026). «Il modello attuale di intervento va comunque ridisegnato. È indispensabile una nuova forma di partenariato fra pubblico e privato. Vanno coinvolti le imprese e il Terzo settore», continua Bellicini.
Non solo. Bisogna agire sulla riqualificazione urbana. Brescia, come altre città industriali, sconta il problema delle aree dismesse: si dovrebbero risanare, creando nuovi spazi abitativi. Lo stesso per i tanti immobili degradati o malmessi. «Sono interventi che richiedono tempo e risorse». La macchina dell’edilizia si muove lentamente, dice Bellicini. «Ecco perché bisogna pensare da subito a programmare queste operazioni».
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