Più di mille persone in marcia per l'accoglienza e la cittadinanza
Più di mille persone hanno partecipato alla Marcia per l'accoglienza e la cittadinanza a Brescia, iniziativa che precede e introduce il Festival della pace che si svolgerà tra il 10 e il 25 novembre.
Un fiume di persone si è mosso da Largo Formentone verso le vie della città in nome dell'uguaglianza e della fraternità, con l'obiettivo di far sentire la propria voce e il proprio dissenso contro le politiche di respingimento dei migranti.
«Continuiamo a marciare e continuiamo a farlo insieme - ha sottolineato l'assessore alle Politiche per la Persona in Loggia, Marco Fenaroli -. Non porto la fascia tricolore perché parlo a nome mio e mi prendo le mie responsabilità: la mancata accoglienza messa in atto dal Governo è un'intenzione specifica e per questo dobbiamo farci sentire. Dobbiamo guardare alla nostra Costituzione rispettando i principi di lavoro, solidarietà e uguaglianza e poi la libertà di religione, il diritto d'asilo e i ripudio della guerra. Il nostro compito quotidiano è quello di rimuovere gli ostacoli che limitano la libertà di tutti i cittadini».
Sui diritti si è concentrato anche Aziz Sawadogo, di Afrobrix: «È importante ricordare sempre che non sono privilegi. Non esistono cittadini di serie A e cittadini di serie B: esistono cittadini che vanno curati. Senza cura non c'è comunità e nemmeno società». Una comunità che non può prescindere dall'accoglienza secondo la direttrice dell'Associazione Ambasciata della Democrazia Locale a Zavidovici, Maddalena Alberti: «Solo un comune su cinque nel bresciano si è reso disponibile all'accoglienza - ha spiegato Alberti -. Ogni persona dovrebbe essere riconosciuta come essere umano e per questo l'accoglienza non è un fine in sé, ma lo strumento attraverso il quale si rendono esigibili tutti i diritti».
Parole rimarcate anche da Raisa Labaran, consigliera del Comune di Brescia: «L'accoglienza dev'essere inclusione. Nessuno deve prevalere sull'altro e la politica deve dare una risposta in merito a alla situazione dei migranti. Siamo dalla parte giusta della storia, quella che considera cittadinanza e accoglienza diritti e non reati».
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