Piante cattura-Pcb per ripulire l'effetto Caffaro
Ci sono le piante che «catturano» i veleni, c'è il primo bosco che conta più di 5mila alberi per far respirare la città, c'è l’orto sperimentale. Sono i tre progetti firmati Ersaf (l'Ente regionale per i servizi all’agricoltura e alle foreste) per capire se e come, nei campi agricoli infestati dal Pcb della Caffaro, si potrà tornare a coltivare.
A scorrere parallela alla sperimentazione che punta a coltivare palastica vegetale, è un altro progetto che vede al centro le aree agricole. L'intento è trovare un’alternativa all’erosione e all’asportazione del terreno inquinato, un metodo che «sarebbe impossibile da applicare per le aree agricole, perchè troppo più costoso del valore delle aree stesse».
Come funziona? Ersaf «prevede l’uso di piante, enzimi e microrganismi per ridurre la concentrazione di contaminanti». Alcune piante sarebbero cioè in grado di assorbire i metalli e trasferirli nelle proprie parti verdi che verrebbero poi tagliate, «decomponendo» Pcb e diossine. Una tecnica lenta, che potrebbe però rivelarsi preziosa per risanare nei decenni le aree non produttive, come fossi, scarpate, aiuole.
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