Peste, arte e spiritualità: domenica riapre l’antica pieve

Il tempio quattrocentesco contiene opere di elevato interesse. Alle 19 le visite, seguirà alle 20 la Messa
Chiesa. Venne utilizzata come  lazzaretto ai tempi della peste dei Promessi Sposi
Chiesa. Venne utilizzata come lazzaretto ai tempi della peste dei Promessi Sposi
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Spiritualità e turismo culturale riaprono, domenica, grazie alla Parrocchia, l’austero portone dell’antica pieve di Gussago, edificio quattrocentesco, un tempo attorniato da antiche fonti e, probabilmente, primo nucleo e cardine della religiosità del paese.

Posto quasi a ridosso del monte e circondato da un minuscolo borgo, l’edificio - chiuso dal settembre 2017 e riaperto su richiesta delle famiglie locali - è di notevole interesse sia sotto il profilo architettonico sia artistico.

Il pulpito fu ricavato con una lastra decorata dai longobardi. «Domenica - annuncia il prevosto, don Adriano - riapre l’antica pieve. Ogni domenica si celebra la messa alle 20 e la chiesa è aperta per le visite dalle 19. Si tratta di un esempio di chiesa "rustica" del secolo XV; fu terminata intorno al 1470».

Peste. All’interno gli archi traversi partono da capitelli pensili a foglia ripiegata o a foglia grassa, di cui alcuni muniti di stemmi di gusto ancora gotico, ma normalmente riscontrabili in edifici della metà del ’400 e anche oltre. Il portale è firmato da Jacopo Filippo da Brescia con la data 1456. L’ampiezza dell’edificio, la distanza dai nuclei maggiori di Gussago e la copiosa presenza d’acqua indussero gli amministratori gussaghesi del Seicento a trasformare la chiesa in lazzaretto, durante la tristemente famosa peste manzoniana o dei Promessi sposi».

Arte. L’idemia e il ruolo dell’edificio - che fu centro di pietà e non solo di isolamento sanitario - sono ricordate in un’epigrafe posta in fondo alla chiesa e dettata dal prevosto Fogliata. «Per norme igieniche l’interno fu imbiancato a calce, e così furono coperti dei buoni affreschi quattrocenteschi, dei quali la Commissione delle Belle Arti, molto, tempo fa, si è limitata a mettere in luce quelli del coro, affreschi che vengono attribuiti al maestro di Nave - dice don Adriano -. L’opera d’arte più preziosa è l’ambone marmoreo, di forme fortemente barbariche, conosciuto come il "pulpito" longobardo di Mavioranus. È probabile che sia del secolo VIII». Nella pieve ci sono opere di Luca Mombello, discepolo del Moretto. Sebbene siano rarissimi i quadri firmati dal Mombello, la pala, tela dipinta ad olio, ne reca in fondo a destra la firma: Luca Mombellus. La pala è sistemata in una grande soasa lignea antica, che contiene quindici quadretti su tela con i misteri del Rosario.

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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