"Permessi facili": indagati 130

Dipendenti dello sportello unico di via Lupi di Toscana e professionisti sono accusati di associazione a delinquere
130 indagati per i "permessi facili"
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Un intero ufficio pubblico sotto inchiesta. E non per reati bagatellari, ma per associazione a delinquere finalizzata al favoreggiamento e allo sfruttamento dell’immigrazione clandestina. Con un numero rilevante di persone cui martedì è stato notificato l’avviso di chiusura delle indagini, ovvero 130, per 329 capi d’imputazione.

Sotto la lente della magistratura sono finiti i trenta dipendenti del Sui, lo Sportello unico per l’immigrazione, di via Lupi di Toscana, ma anche stranieri, avvocati, consulenti, commercialisti e privati. Tutti accusati, a vario titolo, di aver favorito la permanenza nel nostro Paese di immigrati che non avrebbero avuto diritto, facendoli di fatto emergere dalla clandestinità.

Il pool di investigatori della Squadra immigrazione illegale, guidati dal procuratore aggiunto Sandro Raimondi, avrebbe fatto luce su un «sistema» di rilascio delle pratiche di regolarizzazione di extracomunitari pur senza che vi fossero i requisiti richiesti dalla legge. Un dato emerso da un’analisi a campione di alcuni fascicoli (lasciati secondo l’accusa accatastati a terra, quasi come in una discarica e in locali dichiarati inagibili) già evasi nei quali si sarebbero riscontrate le gravi irregolarità, consistenti nella mancanza dei requisiti reddituali del datore di lavoro, della assenza di un reale rapporto di lavoro tra le parti e della assenza di requisiti personali del datore di lavoro.

Irregolarità che secondo gli inquirenti presupporrebbero anche la produzione di falsa documentazione o di false autocertificazioni, poi allegate al fascicolo. Irregolairtà che secondo l’accusa sarebbero state facilmente individuabili dagli addetti allo Sportello e che avrebbero potuto rigettare quelle domande presentate sia per decreto flussi sia per le due ultime sanatorie, quella del 2007 e quella del 2009. Irregolarità che non deriverebbero da errore, ma dalla volontà di chi al Sui lavorava, con le funzioni più diverse. Da quella di dirigente fino al semplice impiegato sportellista e archivista. Addetti che avrebbero non solo omesso i dovuti controlli, anche nei confronti di quei soggetti che la stessa questura aveva segnalato per gravi e numerosi precedenti penali.

Ma tra 130 raggiunti dall’avviso di chiusura indagini vi sono anche diversi professionisti ritenuti trait d’union tra gli immigrati che chiedevano di essere regolarizzati e lo Sportello. Avvocati, commercialisti, consulenti e imprenditori che venivano ricevuti negli uffici fatiscenti di via Lupi di Toscana, «il mercoledì», ritenuta dagli inquirenti «la giornata delle agevolazioni».

Figure che venivano contattate soprattutto da stranieri di due etnie: quella cinese e quella indiana. Il tutto, secondo l’accusa, condito da un giro di denaro contante. Difficili però da provare per diverse ragioni, come ad esempio quella per cui la consegna delle banconote sarebbe avvenuta all’interno di strutture organizzate e indipendenti dal Sui e molto tempo prima del perfezionamento delle domande di regolarizzazione, o come consegne avvenute all’interno di comunità etniche particolarmente chiuse. In denaro contante poi, di cui è particolarmente difficile la tracciabilità. L’avviso di chiusura delle indagini non significa comunque che tutti e 130 gli indagati vengano rinviati a giudizio. Quello lo stabilirà il gup.

Daniela Zorat

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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