Perché la Mille Miglia non è più una gara di velocità
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La Mille Miglia, uno dei più grandi eventi sportivi del secolo scorso, fu una corsa pericolosa. Cosa inevitabile, se si pensa alle migliaia di macchine lanciate a gran velocità sulle strade italiane. Le vittime - concorrenti, spettatori, o semplicemente persone che si trovavano nel posto sbagliato al momento sbagliato - formano un piccolo cimitero. La lista ha inizio nel 1928. Nella Om di Fedeli, uscita di strada e finita contro un albero, morì il secondo pilota Ugolini.
L’anno seguente un’altra vittima: una ragazza uccisa da un’Alfa Romeo alla fermata del tram. Nella Mille Miglia del 1930 morirono il pilota Benini e un bambino. Così via, fino al grave incidente accaduto nel 1938 a Bologna, quando la Lancia Aurelia di Mignanego-Bruzzo, investì gli spettatori assiepati sul marciapiede, provocando una strage: dieci morti, tra i quali sette bambini, e decine di feriti.
Il Governo decise la soppressione della corsa che, dopo l’edizione in circuito stradale chiuso nel 1940, riprese nel ’47 sul tradizionale percorso Brescia-Roma e ritorno. Nel Dopoguerra la Mille Miglia provocò ancor più vittime. Nel 1949 morì il primo pilota straniero: l’inglese Hignett al volante di una Healey.Poi altre vittime fino al noto incidente nell’edizione del 1957. Allora a Guidizzolo, a poche decine di chilometri dall’arrivo, la Ferrari di De Portago-Nelson, lanciata su un rettilineo a quasi 300 all’ora, uscì di strada. Bilancio: morti i due e nove spettatori tra i quali cinque bambini. La Radio Vaticana si espresse così: «La Mille Miglia ha ucciso tredici persone. Di chi la colpa? Una sola risposta: la natura stessa della competizione...». Fu la fine della Mille Miglia, soppressa definitivamente dal Governo.
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