Patrick Zaki a Brescia per il premio Pace: «Voglio essere voce di chi non ce l'ha»

L’attivista per i diritti umani ha presentato il suo libro dai Saveriani e ripercorso la sua vicenda nelle carceri egiziane
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PATRICK ZAKI A BRESCIA
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«Da troppi anni Netanyahu sta attuando una politica razzista nei confronti del popolo palestinese, violando sistematicamente i diritti dei civili della Striscia di Gaza». 

Patrick Zaki questa sera è tornato sulle polemiche scoppiate lo scorso ottobre dopo un suo post nel quale aveva definito Benjamin Netanyahu «un serial killer». Non si è sottratto alla domanda del giornalista Thomas Bendinelli e, pur con termini diversi, ha ribadito il suo pensiero pronunciato all’indomani della rappresaglia scatenata da Israele nella Striscia di Gaza per l’attacco terroristico di Hamas del 7 ottobre: «I palestinesi non sono trattati come esseri umani - ha precisato -. Mi hanno dato del filo Hamas, con cui io non ho nulla da spartire. Non dimentico i civili israeliani nelle mani dei terroristi e spero che siano presto liberati. Ma ho scelto di essere la voce dei civili palestinesi, la voce di chi non ha voce. E continuerò a esserlo».

Il libro e la Vittoria Alata

Attivista per i diritti umani, Zaki questa sera è stato ospite dei Saveriani, invitato a Brescia da Missione Oggi e dal Coordinamento provinciale degli enti locali per la pace e la cooperazione internazionale, per presentare il suo libro «Sogni e illusioni di libertà. La mia storia» edito da La Nave di Teseo, nel quale racconta i venti mesi di detenzione in Egitto, e ritirare il premio Brescia per la Pace, conferitogli nel 2021. Premio che avrebbe dovuto ritirare il 20 novembre scorso, durante il Festival della Pace al quale non ha partecipato proprio a causa di quel suo post, che in quei giorni gli costò un sacco di polemiche. Sull’onda di quei contrasti, la sindaca Laura Castelletti il 13 ottobre ritirò l’invito al 32enne egiziano, che avrebbe dovuto rappresentare il testimonial dell’edizione 2023 del festival.

«Stasera riscattiamo chi non ha saputo dare il giusto riconoscimento a Patrick» ha detto Agostino Zanotti, referente dell’associazione Adl Zavidovici, tra i promotori della serata, mentre insieme a Roberto Cammarata, consigliere comunale del Pd e organizzatore del Festival della Pace, e Camilla Bianchi, assessore della giunta di centrosinistra, consegnavano a Patrick la Vittoria Alata, simbolo della città di Brescia.

La testimonianza

  • A Patrick Zaki il premio Pace Pace di Brescia
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In una chiesa di San Cristo gremita Patrick ha raccontato i suoi giorni in prigione, dall’arresto in aeroporto, appena atterrato al Cairo dove era rientrato per vedere la sua famiglia mentre studiava all’Università di Bologna, alle torture subite e alle paure di quei momenti. Ha esordito ringraziando «tutti gli italiani per il supporto in questi anni. Voi - ha detto - siete stati il motore della mia libertà e senza l’impegno della società civile, delle associazioni e di Amnesty Italia oggi forse non sarei qui». Una gratitudine sincera, che ha spiegato così: «In Egitto - ha detto - le sparizioni di chi si occupa di diritti umani sono all’ordine del giorno. C’è gente che è sparita per nove anni, inghiottita dalle galere egiziane, chi non ha fatto più ritorno. Di me non si è saputo più nulla dall’arrivo in aeroporto solo per trenta ore e questo grazie alla mobilitazione che c’è stata in Italia subito dopo il mio arresto».

La lingua italiana la conosce poco ma, ha assicurato, la sta studiando, anche perché il suo futuro lo immagina qui da noi. «Mi sento parte della società civile italiana e vorrei rimanere qui. Continuerò a difendere i diritti umani, ma non in politica. Spero di continuare la carriera accademica in Italia».

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