Passato e futuro tra el nàs e la bòca
Testa e cuore. Naso e bocca. In dialetto bresciano il destino dell’uomo - il cosa sceglie di essere - è un cammino che può essere segnato simbolicamente da parti del suo corpo. Succede anche in questi, che sono giorni dedicati alla memoria.
L’operazione di fare memória in dialetto bresciano viene indicata sostanzialmente con due modi di dire, che fanno riferimento a diversi organi. Un primo modo infatti è l’espressione tègner a mènt, custodire nella mente. Il termine dialettale mènt, proprio come l’italiano «mente», è nipotino del latino «mens», a sua volta parente del verbo «meminisse» che significa «rammentarsi», quindi «riflettere». La mente è dunque lo scrigno (simbolico) in cui custodisco le cose, le riconosco, do loro un nome. Non a caso in bresciano si poteva sentire dai nostri nonni l’uso del verbo numinà nel senso di «menzionare» (iér g’hó numinàt el mé pòer bubà).
Ma un secondo modo di dire - regordà o recordà - fa invece riferimento al «ri-cordare», cioè al richiamare al cuore. «Va ricurdìf le sére che daquàem?» recitava l’indimenticabile Achille Platto, mostrando col cuore tutta l’emozione che la memoria può suscitare.
E perdere la memoria? In dialetto bresciano si possono sentire espressioni come «el m’è pasàt de mènt» così come «ma só desmentegàt». Più un arcaico «ma só ’mbüscüràt», che francamente non capisco bene da dove venga.
Avere una solida memoria di quanto trascorso è fondamentale per scegliere presente e futuro. Il dialetto diffida da chi ha memoria talmente breve da «regordàs gnà dal nàs ala bóca» (altre due parti del corpo). Costui rischia di non riuscire nemmeno a far tesoro degli errori passati. Un guaio.
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