Paroli: «Orgoglioso di come ho fatto il sindaco»

Strette di mano (ma non con Del Bono), abbracci e occhi lucidi per l’uscente che si dice pronto a fare la sua parte in Consiglio
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Adriano Paroli parcheggia la sua Smart dietro la Loggia, e il gruppetto dei giornalisti gli è subito addosso. Vogliono sapere: come va, che cosa non è andato, in quale direzione andrà da domani l’ex sindaco sbalzato sui banchi dell’opposizione. Un passante si mette in mezzo, gli stringe la mano, gli dice «mi dispiace». Lui risponde paziente a tutte le domande: «Sto bene, certo non c’è la soddisfazione della vittoria intesa come premio per il lavoro svolto; ma sono sereno: ho la certezza di aver fatto quello che si doveva fare nel migliore dei modi. Questi cinque anni sono stati scanditi da decisioni che hanno salvato la città». E allora che cosa non ha funzionato? «Le larghe intese, i nostri elettori non le hanno capite. Sbagliando, dico io che delle larghe intese sono un sostenitore». Brescia, insomma, è stata investita dall’«aria che tirava a livello nazionale». Si è visto «fin dal primo turno, con i voti di Pdl e Lega dimezzati», continua Paroli, senza però dimenticare che «l’altra volta questo tipo di aiuto l’ha ricevuto la nostra proposta politica e amministrativa».

Si è quindi trattato di «un voto politico che ha premiato la sinistra. Perché anche il Pd si è lacerato sulle larghe intese e su una serie di passaggi successivi, ma poi è accaduto quel che misteriosamente accade sempre in questo partito: si è ricompattato. Noi, invece, la stiamo pagando molto in termini di consenso. Ma era giusto avere fiducia in questo governo». E la manifestazione con Berlusconi a Brescia? «Diciamo che non ha portato fortuna», sorride Paroli, preferendo però individuare ulteriori ragioni della sconfitta nell’assenteismo degli elettori da una parte e, dall’altra, ancora una volta in una tendenza nazionale che ha portato a «risultati eclatanti come quello di Marino a Roma». Quanto alla distanza che lo separa da Emilio Del Bono - oltre 10mila voti - ammette: «È una forbice più larga del previsto, forse determinata dall’apparentamento con Laura Castelletti». Quel che è sicuro, secondo Paroli, è che «la sinistra ha un po’ costruito un’alleanza contro l’Amministrazione uscente, riuscendo a intercettare molti voti degli altri competitor, compresi quelli di qualche grillino». Lui, da parte sua, spiega di «non aver voluto mistificare i programmi elettorali. Purtroppo, però, questo non è stato capito».

Viene da chiedergli se non abbia qualcosa da rimproverarsi. «Di cose da rimproverarsi ce ne sono sempre», risponde. Ma subito attacca: «Per esempio, si sarebbe dovuto combattere il tono della campagna elettorale. Ma che cosa si poteva fare contro insulti e diffamazione messi in atto unilateralmente?» Una domanda che Paroli lascia in sospeso. Quando però, poco più tardi, l’ex sindaco e il nuovo s’incontreranno a Palazzo Loggia, non ci sarà quella stretta di mano che qualcuno si aspettava. Anzi: nella sala riservata alle televisioni nazionali i due si eviteranno accuratamente, non degnandosi di uno sguardo nemmeno quando si ritroveranno intervistati a mezzo metro di distanza l’uno dall’altro. Così soltanto da lontano Paroli augura a Del Bono «buon lavoro». Con un auspicio: «che l’opposizione diventata maggioranza sia cresciuta, perché oggi non ci si può permettere di sbagliare nemmeno una volta». Lui è pronto a fare la sua parte «con serietà» in Consiglio, dove sarà presente «almeno inizialmente», avendo «innanzitutto a cuore il bene di quella città che da sindaco ho potuto conoscere profondamente». Qualcosa è rimasto incompiuto? «Piuttosto - è la replica - molte cose sono state avviate e saranno portate a compimento: dal campus universitario al carcere fino al rilancio del centro storico...»

Ma è ora di entrare nel Palazzo. Una dipendente del Comune, maglioncino e cravatta blu, si avvicina al sindaco di ieri per salutarlo: piange. Sotto il porticato gli vengono indirizzati fischi e qualche applauso. Perché questo è il giorno di Del Bono ma non mancano uomini e donne di Paroli i cui sguardi e gesti dicono la delusione e insieme la volontà di continuare a sostenerlo. Lui - fra strette di mano e abbracci e occhi lucidi - ripete che va tutto bene. E se gli si chiede per cosa vorrebbe essere ricordato come sindaco, risponde senza esitazioni: «Per come ho fatto il sindaco. Chi in questi anni ha avuto a che fare con Brescia ha trovato una città dal volto umano».

Francesca Sandrini

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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