«Paolo Scaroni? Vittima di pestaggio gratuito»
Ridotto in fin di vita da un manganello impugnato al contrario. Da chi non è dato sapere. La giustizia, dopo sette anni e mezzo e un processo estenuante, non ha elementi precisi, concordanti e gravi per indicare a Paolo Scaroni nomi e cognomi delle persone che l'hanno costretto a convivere con un'invalidità totale e permanente.
La frustrazione alle sue legittime aspettative è nella cinquantina di pagine con le quali il Tribunale di Verona (presidente Marzio Bruno Guidorizzi) ha motivato l'assoluzione degli otto agenti della celere di Bologna accusati di aver picchiato durissimo sul tifoso del Brescia alla stazione Porta Nuova di Verona, dopo la sfida con l'Hellas del 24 settembre 2005.
I giudici hanno «movente» ed arma del delitto. Ma non gli elementi probatori per dire con certezza chi abbia firmato quella ingiustificata aggressione. A far precipitare gli eventi tra i binari - scrivono - è una carica non ordinata né autorizzata dal responsabile dell'ordine pubblico, in particolare un lancio di lacrimogeni «del tutto dissennato e controproducente rispetto all'obiettivo della tutela dell'ordine pubblico». Da quell'evento scaturisce «il totale disordine pubblico, tanto che - prosegue il Tribunale - è stato necessario constatare come le forze dell'ordine siano diventate esse stesse un fattore di questo disordine».
I fumogeni innalzano il livello dello scontro. In questo contesto si «innesta il fatto gravissimo costituito dal pestaggio gratuito e del tutto ultroneo ed immotivato rispetto alle esigenze di uso legittimo della forza, di un giovane, con danni gravissimi allo stesso». Danni per i giudici provocati da manganelli impugnati al contrario, secondo una modalità che lo stesso ministero dell'Interno, nel manuale diramato alle forze dell'ordine sul maneggio delle armi, definisce «censurabile».
Che sia stato uno sfollagente (o più) a causare l'invalidità totale e permanente di Paolo Scaroni, per le consulenze richiamate in motivazione dal Tribunale è fuor di dubbio. La lesione della teca cranica del tifoso delle rondinelle, con conseguente affondamento dei frammenti di frattura, è stata causata «da un corpo contundente, quale può essere un bastone, una sbarra: una superficie liscia». Il consulente, interrogato dai difensori degli imputati, ha «escluso - ricordano i giudici - che la lesione possa essere stata provocata dalla vittima stessa, sbattendo violentemente contro la parete di un vagone o contro gli scalini del treno, oppure dal lancio di un sasso».
Dubbi e non certezze invece circa la responsabilità degli imputati. Scaroni non è stato in grado di identificarli e per il Tribunale le testimonianze non bastano per dire che, sulle scale che portavano ai binari, il tifoso bresciano si sia imbattuto proprio nei manganelli degli 8 imputati.
Per il Tribunale ci sono altri lati oscuri da chiarire. Di qui la restituzione degli atti alla Procura. Occorrono indagini sulla sparizione di frammenti dai filmati registrati dagli agenti in servizio quella domenica e riversati in atti. Nelle registrazioni c'è un buco nel lasso di tempo in cui si colloca la carica che vide coinvolto Scaroni. «Il sospetto è che si sia inteso - scrivono i giudici - far perdere le tracce dello scontro in cui è ancor più degenerato il mero esercizio, irregolare, confuso e illegittimo della forza».
Pierpaolo Prati
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