Omnibus card clonate per viaggiare a sbafo: 25 indagati
Quando gli agenti della Polizia locale hanno bussato alla porta di casa con un mandato di perquisizione, i genitori hanno temuto si trattasse di un’operazione antidroga. Non immaginavano certo che quello che la polizia giudiziaria stava cercando era, invece, l’abbonamento dell’autobus. Ed è così che sono finiti nei guai 25 bresciani, residenti in città e provincia, tra i quali alcuni studenti, accusati a vario titolo dei reati di truffa ai danni di un’azienda pubblica - in questo caso Brescia Mobilità -, ingresso abusivo a sistema informatico e utilizzo di carte elettroniche clonate.
Le indagini
Accuse pesantissime per chi pensava di star commettendo una semplice bravata e che rischia invece un processo penale. E per cosa poi? Per qualche «viaggio a sbafo», come è stata ribattezzata l’operazione coordinata dalla Procura della Repubblica di Brescia e condotta da Polizia locale in collaborazione con la squadra reati informatici della Procura. Sei mesi di indagini con appostamenti in borghese sui mezzi pubblici e «pedinamenti» in rete, e 22 perquisizioni personali, tra cui una su un 27enne, probabile ideatore della truffa.
«Alcuni indagati - ha spiegato Alessio Moladori, commissario capo della Locale di Brescia - tramite particolari conoscenze e strumenti informatici adeguati, sfruttando una vulnerabilità del chip di alcune vecchie versioni della Omnibus Card, sono riusciti a ricavare le chiavi di lettura e scrittura della memoria del supporto. Le chiavi sono state usate per leggere il contenuto delle card, trasferendolo su altre tessere».
In pratica gli autori hanno replicato un abbonamento, regolarmente acquistato, decine di volte su vari contratti di persone consapevoli, consentendo loro di viaggiare centinaia di volte gratis sui mezzi pubblici. Una perdita comunque contenuta, poche migliaia di euro, per Brescia Mobilità, un guadagno banale, un «viaggio a sbafo» appunto, per chi oggi rischia fino a cinque anni di reclusione solo per il reato di truffa.
I sospetti
Le indagini hanno appurato che la pratica della clonazione delle tessere, nata inizialmente in ambiente studentesco e riservata a pochissime persone, si è poi diffusa velocemente anche tra i meno giovani. Ad accorgersi che qualcosa non tornava è stato il sistema di monitoraggio antifrode di Brescia Mobilità, che ha verificato un disallineamento tra i dati di vendita e quelli di utilizzo, generato dagli abbonamenti clonati. «Nonostante si trattasse di numeri molto piccoli - ha dichiarato Marco Medeghini, direttore generale di Brescia Mobilità - non abbiamo voluto lasciar perdere e abbiamo denunciato alle autorità i dubbi che avevamo».
È stato così accertato che questa pratica illegittima è avvenuta nel corso del 2019, si è ridotta nel 2020 per le limitazioni causate dalla pandemia ed è poi ripresa nel 2021, fino alla chiusura dell’indagine. «Noi continuiamo a investire in tecnologia - ha aggiunto Medeghini - e arriverà a breve un nuovissimo sistema di bigliettazione che renderà molto più difficile questo tipo di truffe». «Per noi - ha concluso l’assessore Federico Manzoni - il trasporto pubblico resta un servizio importante e vogliamo garantire a tutti i passeggeri parità di trattamento, anche con l’equità e il rispetto dell’acquisto dei titoli di viaggio».
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