Omicidio Sana Cheema, nuova richiesta di rinvio del processo per il padre e il fratello
Davanti alla Corte d’Assise di Brescia è iniziato con una nuova richiesta di rinvio da parte del difensore di Mustafa e Adnan Cheema, il padre e il fratello di Sana Cheema, il processo per la morte della 25enne italo pakistana che secondo l’accusa fu uccisa il 19 aprile di quattro anni fa in Pakistan perché voleva sottrarsi a un matrimonio combinato dalla famiglia. I due sono stati assolti in patria il 14 febbraio 2019 per insufficienza di prove, ma in Italia devono essere processati per omicidio.
«I miei assistiti mi hanno nominato come avvocato di fiducia, ma non sono a conoscenza del procedimento penale e neppure dei capi di imputazione» ha spiegato l’avvocato Klodjan Kolaj.
Sana Cheema, cittadina italiana, - secondo quanto ricostruito - rifiutò le nozze combinate e venne strangolata poche ore prima di salire su un volo che avrebbe dovuto riportarla in Italia. Padre e fratello sono liberi e potrebbero partecipare al processo. «Fino alla fine del processo possiamo garantire che non saranno adottate misure cautelare da questa Corte nei loro confronti» ha assicurato il presidente della Corte d’Assise di Brescia Roberto Spanò. Il pg Guido Rispoli ha chiesto alla Corte di valutare se procedere per omicidio politico, che non prevede la presenza in aula degli impianti, o se incardinare il processo per omicidio semplice, e in questo caso gli imputati dovrebbero essere in aula o quantomeno consapevoli del procedimento a loro carico. La Corte è ora in camera di consiglio.
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