Omicidio della Maddalena, altri guai per il mandante
Una volta si chiamava subornazione di testimone. Oggi intralcio alla giustizia. È il reato che commette chi promette o offre denaro ad un terzo per raccontar balle all’autorità giudiziaria. Nella sostanza è l’ipotesi che la Procura, nella persona del sostituto procuratore Ambrogio Cassiani, contesta a Daniele Saravini, l’ex poliziotto di Parma condannato all’ergastolo perché ritenuto regista della truffa ai danni degli imprenditori macedoni trovati cadaveri in Maddalena, nell’autunno del 2011, nonché mandante dei loro omicidi.
I fatti, che saranno prossimamente al vaglio di un gup, risalgono ai giorni del processo di primo grado in Corte d’assise. Saravini, stando alla ricostruzione dell’accusa, sa che rischia il massimo della pena se non trova un escamotage. Così promette l’universo ad un compagno di cella egiziano, in cambio di un favore. Il nordafricano deve copiare un testo, scritto in stampatello, nel quale racconta di aver raccolto da Luca Cerubini (complice di Saravini, condannato a sua volta all’ergastolo) la confessione del duplice omicidio, oltre alla sua intenzioni di far fuori proprio Saravini, per scappare col denaro truffato ai macedoni e guadagnarsi l’impunità.
A mandare all’aria il piano è l’egiziano stesso. Chiamato a processo dagli avvocati dell’ex poliziotto l’uomo, in carcere per violenza sessuale, si trasforma in un testimone a carico svelando il retroscena: «Scrissi quella lettera sotto dettatura di Saravini» disse, aggiungendo anche la sua firma in calce alla condanna al massimo della pena e alla iscrizione dell’ex poliziotto nel registro degli indagati per intralcio alla giustizia.
Saravini non fu fortunato con i testimoni. Contro di lui anche l’ex moglie, che a processo confermò il ritrovamento nella loro casa dei passaporti di Uzunov e Salija, prova risultata poi determinante. pi. pra.
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