Oltre 130 giovani a lezione di pace per confrontarsi e capire la storia
Un mondo senza guerre è da ritenersi pura utopia, un sogno sul quale filosofeggiare, o è una strada percorribile lungo la quale impegnarsi concretamente? Siamo abituati a Stati che escono dai loro confini per esportare la democrazia, e se il modello da porre a esempio internazionale fosse invece la pace? E ancora, e se per porre fine alla conflittualità tra gli Stati partissimo dall’accettare il prossimo con le sue differenze culturali, magari considerandole una ricchezza?
Le cose fondamentali
Quella di ieri è stata una domenica certamente atipica per oltre 130 ragazzi (delle ultime tre classi delle superiori), provenienti da tutta la provincia e da praticamente tutti gli istituti bresciani (dall’Arici, all’Arnaldo, al Calini, passando per il Castelli, il Gambara, per arrivare all’Antonietti di Iseo, al Gigli di Rovato, al Tassara di Breno e altri ancora). È infatti iniziato il 46esimo corso organizzato dall’Opera per l’educazione cristiana all’Istituto Paolo VI di Concesio; il titolo, appunto, «Per una cultura della pace. Dialogo, speranza e riconciliazione». La riflessione di apertura è stata guidata del professor Francesco Bonini, rettore della Lumsa; nel pomeriggio l’intervento del professor Vittorio Emanuele Parsi («Quali alternative alla guerra. Diplomazia e diritto internazionale»); le conclusioni a cura del nostro ex direttore Giacomo Scanzi.
Una domenica passata, per usare le parole di Pierpaolo Camadini, presidente dell’Opera, «in un modo non molto consueto per dei giovani, ma certamente una giornata estremamente stimolante durante la quale interrogarsi sulle cose fondamentali della vita». E tra queste certamente la pace occupa un posto di primo piano, l’illusione che le guerre non riguardassero più l’Europa è stata brutalmente cancellata dal tragico conflitto che sta flagellando l’Ucraina. È l’ennesimo insanguinato tassello di quella terza guerra mondiale a pezzi che papa Francesco continua a condannare, e che ci siamo rifiutati di vedere finchénon è arrivata praticamente ai confini di casa nostra. «Un vero e proprio conflitto globale che non facciamo niente per fermare», ha sottolineato suor Maria Gianoli, religiosa salesiana che con un gruppetto di consorelle si prende cura della casa natale di san Paolo VI (e non solo).
Cammino
«Occorre sempre parlare di pace. Occorre educare il mondo ad amare la pace, a costruirla, a difenderla». Le parole di san Paolo VI sono oggi più che mai di attualità, incontri come quelli di ieri sono indubbiamente fondamentali «per far incontrare i ragazzi e dar loro strumenti per collocarsi nella storia», ha spiegato Michele Bonetti, vice presidente dell’Opera e responsabile del «Programma di studio». Durante i primi lavori di gruppo i ragazzi hanno dato prova di essere subito entrati in sintonia con le finalità dell’iniziativa, lo si è percepito chiaramente dalle sintesi delle loro discussioni. Giovani desiderosi di conoscere e capire, sono sulla buona strada.
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